L’inchiesta Juve e le paure degli appassionati: che il pallone rotoli, sì. Ma sempre più in basso. Lo scritto di Ombra

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S parare sulla Croce Rossa è da vigliacchi. Codardi. Addirittura, str*nzi. A prescindere dall’aggettivo che si preferisce, è sempre troppo facile. Senza scomodare la ritrita metafora dei cani, dei leoni e cadaveri connessi, un osservatore esterno cosa potrà mai dire del calcio nostrano? La passione e l’ardore italico sono ormai spodestati dalle ataviche lacune italiote, fatte di condoni e rinvii a data da destinarsi. Quando il vaso è colmo, tuttavia, è inevitabile scoperchiarlo. E, nei suoi confronti, quello di Pandora è stato uno spiffero confinato al mito dell’epoca classica. L’operazione Prisma e le fantasiose plusvalenze generate alla Continassa non raccontano nulla di nuovo. Non è un’invenzione creata ad arte per screditare una dirigenza o un presidente, per quanto la Juventus abbia fatto di tutto e di più per non ingraziarsi le simpatie del resto dell’Italia del pallone. Hanno semplicemente riportato a galla scarti e scorie di un disastro annunciato. Come una macchia di greggio fuoriuscito da una falla della petroliera che raggiunge le coste, distruggendo l’ecosistema marino e causando l’estinzione delle specie che lo popolavano. In quel mare si trova anche l’Atalanta, impregnata del denso liquido nero ma riuscita a trarsi in salvo sulla spiaggia più vicina. Non è nostro diritto tuttavia sani e salvi, o ancor peggio esultare per il pericolo scampato. Il disastro in quel di Torino è una sconfitta epocale per le Zebre, ma nessuno può cantar vittoria.