A una manciata di ore dal fischio d’inizio dell’ultima giornata di campionato abbiamo scoperto che non si giocherà in contemporanea. C’era d’aspettarselo, ovviamente, perché il regolamento prevede che debbano scendere in campo nello stesso momento solo quelle squadre che ancora si contendono un obiettivo concreto. Una scelta, quella italiana, in netta controtendenza con quella dei campionati che riescono ad incassare di più dalla vendita dei diritti televisivi. Chi spalma di più le partite per aumentare l’audience, chi cerca in ogni modo di massimizzare i guadagni, anche attraverso pratiche che non hanno nulla a che vedere con il concetto di sport, alla fine incassa meno. Strano, no? Forse no. A questo posto vale la pena ricordare quanto detto da Sarri, allenatore della Lazio, solo qualche settimana fa, alla vigilia della partita contro l’Inter: “La Premier incassa 4 miliardi e non trasmette le partite al sabato pomeriggio, mentre noi siamo in mano a chi ci dà un quarto di quella cifra. Domani ci sono 33 gradi e si gioca alle 12:30, facciamo di tutto per rendere mediocre il campionato, si creano tutti i presupposti per fare un brutto spettacolo e poi ci si lamenta perché si incassa di meno. È la logica conseguenza”. È proprio così: per chi non lo sapesse, la Premier League non trasmette (nel Regno Unito) le partite al sabato pomeriggio, in quanto fascia del weekend destinata ai dilettanti, cosicché la gente riempia gli spalti - quando ci sono - dei campetti di periferia piuttosto che starsene a casa sul divano. Altra mentalità.