C i sono squadre che dopo aver esordito in Champions League hanno il passo più lungo della gamba e ora si ritrovano nei bassifondi dei rispettivi campionati, alcune addirittura nelle serie inferiori. Gli incassi garantiti dall’Uefa per la partecipazione alla fase a gironi rischiano infatti di dare alla testa, producendo un’impennata dei costi, per stipendi e acquisti sul mercato, che in pochi anni possono dissanguare le casse sociali. Per evitare questo fenomeno, oltre a non allargare troppo i cordoni della borsa (più facile a dirsi che a farsi: per il fatto di giocare la coppa dalle grandi orecchie molti calciatori pretendono un ritocco dello stipendio, naturalmente verso l’alto, mentre le società a cui ci si rivolge per gli acquisti alzano i prezzi dei cartellini), la soluzione preferita è bilanciare questi esborsi con ulteriori ricavi aggiuntivi. La qualificazione per il secondo anno di fila alla fase a gironi di Champions League rientra in questa fattispecie perché non solo un bilancio ma anche il successivo godrà degli introiti garantiti da questo torneo. L’anno scorso l’Uefa divulgò le cifre per l’edizione 2019/20 in data 11 luglio mentre quest’anno non l’ha ancora fatto. Ma possiamo comunque approfondire il tema.