Il caso di Gasperini e l’antidoping: la ricostruzione e cosa dicono i codici. Commento: noi, gli altri e i sospetti

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L a bomba scoppia nel primo pomeriggio. Lancio Ansa che annuncia la tempesta all’orizzonte: Gian Piero Gasperini rischia 20 giorni di squalifica, chiesti dalla Procura federale per condotta offensiva nei confronti della struttura antidoping. Andiamo per punti, nella ricostruzione e nella spiegazione.

Zingonia, 7 febbraio

Domenica 7 febbraio l’Atalanta si ritrova a Zingonia dopo il pareggio casalingo per 3-3 con il Torino. Niente giorni di riposo perché incombeva la semifinale di ritorno di Coppa Italia contro il Napoli. Prima dell’allenamento, si presentano gli ispettori antidoping e chiedono che alcuni giocatori (quattro) siano sottoposti a un controllo a sorpresa. Il che avrebbe di fatto impedito loro di allenarsi. Tre giocatori svolgono regolarmente il prelievo prima della seduta, mentre per Gosens Gasperini chiede che il tutto si svolga dopo. È una ipotesi prevista dalle regole, dunque gli ispettori accettano. Un ispettore, però, durante la seduta si è fermato a bordocampo, contro il parere di Gasperini. Da lì i toni si sarebbero alzati e Gasperini avrebbe, secondo l’accusa, «inveito contro l’intero sistema antidoping, interrompendo un test in corso su un calciatore dell’Atalanta e obbligando il giocatore ad andare ad allenarsi». Dopo l’allenamento il test di Gosens si è svolto regolarmente, con esito negativo (come gli altri tre, ovviamente).

La contraddizione

La Procura federale, dopo un tentativo rifiutato da Gasperini di patteggiamento sulla base di una proposta di 10 giorni di squalifica, ne ha chiesti 20. Emerge però una contraddizione, almeno apparente.