E cco qui tutti i contenuti dello speciale «Come si spiega l’Atalanta», in edicola oggi con L’Eco di Bergamo. Di seguito gli editoriali, la spiegazione del metodo di lavoro adottato e le 11 analisi con le relative infografiche.
Il perché di questo lavoro
di Roberto Belingheri
W e need to keep this dream alive. Questo lavoro nasce da queste sette parole: abbiamo bisogno di mantenere vivo questo sogno. Le ha dette il signore nella foto qui sopra. Si chiama Aleksander Ceferin, presiede l’Uefa. Le ha dette nei giorni del «terremoto» della Superlega. E di fronte a 12 colossi del calcio indebitati fino al punto da voler stravolgere i principi dello sport pur di assicurarsi introiti economici certi, ha citato l’Atalanta come esempio. «Abbiamo bisogno dell’Atalanta», ha detto Ceferin al mondo che in quel momento pendeva dalle sue labbra, per provare a capire dove stesse rotolando il pallone, travolto dal blitz notturno di Agnelli, Perez e altri compagni di avventura.
Per questo, celebrando l’ennesima stagione entusiasmante dell’Atalanta (sì, entusiasmante nonostante la mancata conquista della Coppa Italia e del secondo posto: la terza qualificazione Champions consecutiva non può che essere definita «entusiasmante»), abbiamo pensato un lavoro diverso. Non «solo» la celebrazione di quel che abbiamo tutti visto sul campo, ma un passo oltre. Un passo che comprendesse questa stagione, ma anche quelle precedenti. Una sorta di analisi del fenomeno Atalanta, di scavo per cercare le radici di questi successi che vanno ben oltre i fatturati, i bacini d’utenza, le capacità economiche, il seguito nelle tv internazionali. Come simbolicamente mostra la copertina, abbiamo scomposto l’Atalanta in una sorta di puzzle, proponendo 11 analisi sulle 11 «buone pratiche» che abbiamo individuato che caratterizzano il «metodo» praticato a Zingonia, per molti versi in antitesi con le pratiche più diffuse laddove si spende più di quel che si guadagna, si firmano contratti ben oltre le proprie possibilità, si accumulano debiti in barba al fair play finanziario che la Uefa avrebbe dovuto far rispettare a tutti, salvo poi - colpa grave - limitarsi miagolare con le big piene di debiti.
Dunque nelle pagine che seguono troverete argomentazioni che andranno dal campo alle scrivanie di Zingonia. Le buone pratiche dell’Atalanta in antitesi alle «cattive abitudini» del calcio malato di dipendenza dal denaro. Con un metodo di lavoro chiaro: non dati al servizio delle opinioni, ma dati che portano a conclusioni di fatto. È il metodo di lavoro che proponiamo da quasi tre anni ormai negli approfondimenti che tutti i giorni vengono proposti agli abbonati di Corner. Ne parliamo più diffusamente a pagina 7.
È questo il nostro modo di dire «grazie» all’Atalanta per quello che ha fatto anche in questa stagione, che di fatto è partita nel giugno 2020 per non fermarsi mai: portarci su un piano giornalistico il più possibile approfondito, accurato, analitico. Fermare in un’istantanea complessiva quel che abbiamo vissuto da quell’Atalanta-Napoli che diede il via a questo ciclo che mai, anche meno di dieci anni fa, avremmo pensato di poter vivere.
Ne esce uno spaccato che può insegnare tanto a chi di fronte alle spese esplose del calcio pensa che l’unica soluzione, anziché gestioni oculate, sia sempre e solo allargare il business, senza rendersi conto che alla fine ogni bolla è destinata a scoppiare. Il calcio dell’Atalanta è un calcio in cui ogni scelta, e dunque ogni euro, vengono pesati col modulo del buon senso. Semplice, ma rivoluzionario. Un gol da due passi, e invece stupefacente come la più bella delle rovesciate.