I n casa Atalanta il settore giovanile è da sempre fiore all’occhiello, se non qualcosa in più. Si può dire che, prima dell’arrivo di Gasperini, la squadra bergamasca fosse conosciuta nel mondo soprattutto per il suo vivaio. E non certo per i trofei alzati al cielo, che hanno sempre avuto secondaria importanza. Bensì per il numero di giocatori lanciati nel calcio professionistico, diventati poi campioni d’Italia, d’Europa, del mondo. Un qualcosa di cui andare fieri. Un progetto che, per quasi venticinque anni, ha avuto un nome e un cognome: Mino Favini.
Il modus operandi è sempre stato chiaro: si scovano i migliori ragazzi della provincia di Bergamo e di quelle limitrofe e si fanno crescere, finché non sono pronti per il grande salto, verso la prima squadra. Si fanno crescere sul lato sportivo, ma anche sul lato umano, sempre centrale dalle parti di Zingonia.