Chi ha spezzato il lockdown del calcio? Haaland, of course. Storia e tecnica del nuovo top player europeo

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di Dino Nikpalj e Gianluca Besana

E ra mio padre. Per la precisione Alf-Inge Rasdal Haaland (o Håland, alla norvegese), quasi 200 partite nella Premier tra Nottingham Forest, Leeds United e Manchester City. Se volete capire perché suo figlio Erling (Braut), 20 anni da compiere a luglio, sta facendo impazzire l’Europa bisogna partire da Stavanger: 130mila abitanti in mezzo ai fiordi norvegesi. Principale attrazione cittadina? Il museo del petrolio, uno spasso insomma. La squadra locale di calcio ha un nome che è tutto un programma: Viking. La terza del Paese per campionati vinti; 8, dopo il Rosenborg (26, di cui 13 di fila) e la nobile decaduta Fredrikstad a quota 9, ma ormai relegata in terza serie.

Halland padre però i primi calci li tira nel Bryne, a mezzora di strada: il ragazzo ci sa fare, sfiora il metro e 90 e in difesa non lo salti facilmente. Tempo 4 stagioni e su di lui mettono gli occhi diverse squadre inglesi: nell’estate 1994 la spunta il Nottingham Forest. Brian Clough se n’è andato giusto pochi mesi prima, ma il club per due anni se la cava bene, centrando addirittura un terzo posto, poi retrocede e prontamente risale. Anche qui il norvegese si fa valere e quello che non sa ancora del campo glielo insegna uno dei difensori più feroci della storia: Stuart Pearce, 1 metro e 77 centimetri di pura cattiveria, nome d’arte, “Psycho”.