Caldara riporta Bergamo in campo, ma l’Atalanta resta tra le più straniere. Tutti i dati della serie A

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U n anno fa partì il grido d’allarme per l’assenza di italiani nella formazione titolare dell’Atalanta: il 4 febbraio contro il Cagliari e il 16 febbraio contro il Milan i nerazzurri scesero in campo con un undici interamente straniero. In entrambe le occasioni toccò a Berisha, Toloi, Palomino, Djimsiti, Castagne, Hateboer, Gomez, de Roon, Freuler e Zapata. Le due formazioni furono completate da Pasalic in Sardegna e da Ilicic in casa con i rossoneri. Contro il Cagliari Ilicic rilevò Gomez al 61’ e fu l’unico cambio speso da Gasperini che invece con il Milan fece entrare Kulusevski, Gosens e Musa Barrow. Pertanto entrambe le volte il 100 per cento degli atalantini impiegati erano stranieri, nonostante la disponibilità in panchina di Masiello, Mancini, oltre a Gollini e a diversi giocatori della Primavera. Era la prima volta che accadeva nella storia ultra centenaria del club e subito si scatenarono due fazioni: ai dispiaciuti si contrapponevano i sostenitori del merito, secondo i quali non è indicativa la nazionalità, quanto lo stato di forma e la bravura dei calciatori schierati. Ora, invece, pare partita una timida inversione di tendenza.