D opo aver descritto il modello di calcio tedesco basato sull’applicazione della legge 50+1, nell’articolo che potete leggere QUI , era doveroso, in tema di partecipazione popolare dei tifosi nelle società calcistiche, rivolgere la nostra attenzione anche al futbol spagnolo dove si trovano gli esempi più significativi oltre a quelli raccontati in terra germanica. Alla fine degli anni ’80 tutti i club iberici sono associazioni senza scopo di lucro e la maggior parte di loro grava in condizioni economiche disastrose; si rende necessario un intervento del governo che emana la “Ley del Deporte 10/1990” che istituisce la cosiddetta “SAD”, Sociedad Autonoma Deportes, di fatto una società che ha come unico oggetto sociale la gestione sportiva del club. Notevoli le differenze con la Bundesliga perché in questo caso la scelta è molto più netta: o si rimane con una conduzione di tipo cooperativistico (1 socio = 1 voto) oppure si apre definitivamente agli investimenti privati con unica condizione che l’acquisizione dei diritti di voto superiore al 25% debba essere approvata dal Consejo Nacional Deportes, oltre al fatto che chi possiede una quota superiore al 5% non può detenerne nessun altra in qualsiasi differente società (e qui sarebbe interessante un confronto sul caso Lazio-Salernitana...). Il legislatore concesse la possibilità di rimanere società senza scopo di lucro solo ai club che all’epoca potevano vantare almeno 5 anni o più con risultati economici positivi: rispettavano questa condizione solo Real Madrid, Barcellona, Athletic Bilbao e Osasuna che a tutt’oggi risultano governate dall’azionariato popolare. Il modello risulta sostenibile e vincente solo quando la partecipazione dei soci è largamente diffusa, vi sono forti tradizioni storiche ed il club attira in modo continuativo l’attenzione dei grandi sponsor, esattamente quello che succede in Germania con Bayern Monaco e Borussia Dortmund.