S i è sempre detto che certi prezzi di scambio di giocatori erano troppo alti. Senza stare a far nomi, che tanto sono abbastanza noti a tutti, è sufficiente confrontare prezzo di scambio e prestazioni sportive. Giocatori senza un passato, passati di mano per svariati milioni e rimasti senza un futuro. Tutto “troppo”. E però, si è sempre detto che il prezzo di un bene, se domanda e offerta di accordano, non è sindacabile. O meglio: Tizio e Caio si possono accordare sulla compravendita di un bene che vale 1 euro al prezzo di 1000 euro. Strano finché si vuole, ma se va bene a loro, nessuno può dire nulla. Ed è questo il principio di fondo in forza del quale le precedenti inchieste sportive sulle plusvalenze fittizie sono finite nel nulla: non esiste un parametro oggettivo al quale paragonare il prezzo stabilito per la vendita di un calciatore. Non esiste un parametro che dice: quel giocatore “ufficialmente” vale 1 milione, un prezzo di vendita enormemente superiore non può che essere frutto di un accordo mirato a ottenere vantaggi impropri, o addirittura illeciti. Quindi, finora, tutto valeva e in ogni sessione di mercato si assisteva a passaggi di giocatori – o a scambi tra società – illustri sconosciuti a prezzi da campioni. E’ sempre così, però? No, questa è la novità. L’avviso di chiusura indagini diramato dalla Procura di Torino a carico dei dirigenti della Juventus introduce un elemento di novità di grande sostanza, che cambia radicalmente il quadro.