M olto spesso, quando vengono comunicati i dati del bilancio dell’Atalanta, ci si sofferma sull’utile (o sulla perdita, anche se l’ultima è del 2015), sul fatturato e sulle plusvalenze, ignorando tutto ciò che ha a che fare con l’altra parte del documento di sintesi, lo Stato Patrimoniale. Lo Stato Patrimoniale è una sorta di fermo immagine alla conclusione del periodo considerato, in questo caso il 30 giugno scorso, ed è utile per comprendere l’entità delle Immobilizzazioni e dell’Attivo circolante della società, ma anche il livello di indebitamento e il Patrimonio Netto. Quest’ultimo serve a sintetizzare lo stato di salute di una società, essendo composto dal Capitale versato dai soci a cui si sommano le riserve accumulate nel tempo, così come gli utili dei precedenti esercizi (se non distribuiti), detratte le perdite.
Tutto iniziò con un credito
Per l’Atalanta il Patrimonio Netto è sempre cresciuto negli ultimi 10 bilanci. Si era ridotto ad appena 2,2 milioni di euro nel 2014, malgrado un capitale di 4.893.750 euro risultante dalla emissione di 168,75 milioni di azioni dal valore nominale unitario di 2,9 centesimi di euro ciascuna.
Nel 2015, nonostante una perdita il Patrimonio Netto salì a 7,7 milioni di euro perché il socio di maggioranza, LA Dea Srl, comunicò l’intenzione di rinunciare ai propri crediti verso il club per 7 milioni e mezzo di euro. Si trattava di finanziamenti erogati in precedenza al club e ne autorizzò l’imputazione al conto di Patrimonio Netto “Riserva per apporti in c/futuro aumento Capitale Sociale – socio La Dea Srl”.