R estare fuori dall’Europa per il secondo anno di fila non sarebbe un dramma per l’Atalanta ricordando i 26 anni di assenza dalle competizioni continentali, dal 1991 al 2017. Ai tempi, però, la partecipazione ai trofei messi in palio dall’Uefa si traduceva in ricavi modesti, fatta eccezione per gli incassi al botteghino. Al giorno d’oggi invece, il semplice schierarsi ai nastri di partenza della Champions League si traduce in un beneficio non indifferente per le casse dei club italiani, anche in caso di disfatta totale. Un po’ meno redditizia è la disputa dell’Europa League e ancora meno l’apparizione in Conference League. In questo approfondimento vedremo quali differenze, in termini di conto economico, comporta qualificarsi alle tre competizioni europee.
Il gigante e i due fratellini
Queste differenze discendono dai relativi montepremi: la Champions League mette a disposizione ogni anno per le 32 squadre coinvolte la bellezza di 2 miliardi e 25 milioni di euro, l’Europa League 465 milioni e la Conference League appena 235 milioni. A cascata, seguono più o meno in proporzione anche le quattro voci che costituiscono l’importo pagato ai club dall’Uefa. Per esempio, la quota di partecipazione alla fase a gironi è di 15,64 milioni di euro per la coppa dalle grandi orecchie, 3,63 milioni per l’Europa League e 2,94 milioni per la Conference League.