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Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 12 Febbraio 2025
«Zia Rita Levi-Montalcini donava quel che riceveva. Così faceva spazio al futuro»
L’INCONTRO. A Dalmine gli straordinari ricordi della nipote Piera. Ai ragazzi: «Non abbiate paura di inseguire i vostri obiettivi e divertitevi sempre in quello che fate».
«Chi era zia Rita? Una persona che guardava sempre al futuro, libera dalle zavorre del passato». Così Piera Levi-Montalcini descrive l’illustre parente, premio Nobel per la Medicina nel 1986 per le sue scoperte relative ai fattori di crescita delle cellule. Figlia del fratello della scienziata, Piera Levi-Montalcini dal 1994 ha affiancato la zia, accompagnandola nei tanti viaggi, incontri e conferenze che l’hanno vista protagonista in tutto il mondo. Ne ha raccolto l’eredità intellettuale, impegnandosi a tramandare la memoria di Rita Levi-Montalcini.
L’incontro a Dalmine
La Fondazione Dalmine ha dedicato alla premio Nobel la sala di robotica in una cerimonia che si è tenuta martedì 12 febbraio alla presenza degli studenti e delle autorità. Tra loro anche Piera, che anche nei tratti e in alcune movenze non può non ricordare la zia, nata nel 1909 e morta nel 2012 all’età di 103 anni. In Fondazione, la donna ha incontrato il direttore Manuel Tonolini, l’assessora all’istruzione del Comune di Bergamo, Marzia Marchesi, e Rosella Colleoni, segretario generale di Bergamo Scienza. È stato l’inizio di un «Levi-Montalcini day», proseguito poi nel pomeriggio con la visita alla biblioteca, una delle 4 in Italia dedicata alla scienziata. Lì la nipote ha incontrato, oltre ai bibliotecari, le assessore alla cultura, Francesca Samele, e alle politiche sociali, Cinzia Terzi. Infine, un incontro con gli alunni della scuola secondaria di primo grado Camozzi.
«Al Politecnico di Torino solo 7 ragazze»
«Siamo stati una famiglia in cui scienza e arte si sono sempre contaminati» ricorda Piera Levi-Montalcini, sottolineando che i genitori di «zia Rita» erano Adamo Levi, ingegnere, e Adele Montalcini, pittrice. Il fratello Gino era scultore e architetto, la sorella Paola una pittrice. «Io ho ereditato lo spirito scientifico dei Levi – racconta Piera – e ho scelto di diventare ingegnere elettronico». Erano anni in cui le materie scientifiche sembravano appannaggio degli uomini: «Al Politecnico di Torino eravamo 7 ragazze su duemila studenti e l’edificio non aveva neanche i bagni per le donne, non eravamo previste».
«Non abbiate paura di inseguire i vostri obiettivi e divertitevi sempre in quello che fate»
Ancor più arduo il percorso di Rita: «Il padre l’aveva iscritta a un liceo femminile dove si impartiva un’infarinatura di cultura generale, ma soprattutto si educava a essere buone mogli e madri». L’esame di maturità, si legge in una lettera che aveva inviato ai genitori, era «come tagliare e cucire un’intera camicia da notte da donna». Il futuro premio Nobel lo definì il più terribile esame che le potesse capitare. Poi i genitori si convincono che la loro brillante figlia può fare il liceo classico e studiare Medicina. Il resto è la storia del Novecento, di una donna diventata - anche - senatrice a vita. Un esempio che Piera Levi-Montalcini presenta agli studenti come modello di tenacia nello studio e nel lavoro: «Non serve essere eroi, la zia non si è mai sentita tale. Ma non abbiate paura di inseguire i vostri obiettivi e divertitevi sempre in quello che fate», dice ai ragazzi.
Il lavoro per la Fondazione
La vita di Piera Levi-Montalcini, dopo la laurea in ingegneria elettronica, è in un’azienda per il controllo numerico dei macchinari. Fino al 1994, quando affianca la zia e diventa vicepresidente prima e presidente poi della Fondazione Levi-Montalcini con l’obiettivo di mantenere viva la memoria della scienziata. Un compito documentale non semplice, rivela, dato che «zia Rita non è mai stata una “conservatrice”. Se riceveva un regalo, lo donava a sua volta. Eppure di famiglia eravamo parsimoniosi, in tempo di guerra si conservavano anche i calzini bucati. Era convinta che se conservi troppo del tuo passato, non hai spazio per riuscire a guardare avanti. Zia Rita non ha mai guardato indietro».
Eppure, un oggetto insolito girava per la sua casa, rivela Piera. «Era un guscio d’ostrica, che zia Rita non ha mai buttato. Mi sono sempre chiesta cosa fosse, finché ho scoperto che era il ricordo di un pranzo del viaggio di nozze che i suoi genitori avevano fatto a Napoli». Un ricordo del cuore. La mente, invece, sempre proiettata avanti. Oggi che l’Intelligenza artificiale promette di stravolgere il futuro, Rita Levi-Montalcini non ne sarebbe spaventata. «Lo dice lei stessa, in un documentario. Le chiedono se ha paura dell’evoluzione della scienza in generale. Risponde che le implicazioni etiche della scienza sono da monitorare. E però, aggiunge, è più facile governare la scienza, piuttosto che una persona con un megafono che si tira dietro milioni di persone». E che magari, aggiunge Piera, «vuole annettere la Groenlandia o cambiare nome al Golfo del Messico. Il nostro compito è non rassegnarci a pensare che questo futuro sia inevitabile».
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