Cronaca / Valle Cavallina
Giovedì 02 Dicembre 2021
«Volevano uccidere Maniero», in cella anche un bergamasco
Nella mega inchiesta sulla Mala del Brenta l’ex rapinatore Rivellini. La Dda: diede tre bombe a ex luogotenenti del boss desiderosi di vendetta.
C’è anche un esponente della vecchia malavita bergamasca tra i 25 finiti in carcere martedì nell’ambito di una mega inchiesta della Dda di Venezia su ex componenti della Mala del Brenta accusati di progettare l’omicidio del loro ex capo Felice Maniero, reo ai loro occhi di averli fatti finire dietro le sbarre dopo che aveva cominciato a collaborare con la giustizia. Si tratta di Francesco Rivellini, 67 anni, di Telgate, da tempo trasferitosi ad Adro, nel Bresciano. Rivellini è estraneo all’associazione per delinquere contestata, ma per l’accusa avrebbe consegnato tre bombe che – sempre stando alle congetture degli inquirenti – sarebbero potute servire per eliminare Maniero.
Siamo al 1° dicembre del 2018 e, secondo le contestazioni, e nel parcheggio del Punto Scarpe di Rovato (Bs) Rivellini avrebbe ceduto la borsa con gli ordigni a Cristian Michielon e Paolo Pattarello, uno degli storici luogotenenti di Maniero. I quali l’avrebbero successivamente recapitata a Salvatore Lodato. È quest’ultimo che viene fermato dai carabinieri del Ros, che lo stavano pedinando, a Peschiera del Garda. Sulla sua auto vengono scoperte le tre bombe. Il 20 dicembre di quell’anno Pattarello viene intercettato al telefono con Loris Trabujo, altro ex luogotenente (pure lui indagato) di Maniero. «Oh, se non mi bloccavano quella roba… patapam, patapum, patapam, che bello sarebbe stato. Erano tre». Per gli inquirenti parla dei tre ordigni. Il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare, scrive di «proposito di vendetta a lungo covata dal Pattarello nei confronti di chi, ai suoi occhi, lo ha tradito, collaborando con la giustizia, ossia Felice Maniero». Lo stesso ex boss della Mala del Brenta sapeva di essere nel mirino degli ex compagni, lo aveva confidato nell’interrogatorio di convalida nel carcere di Bergamo dell’ottobre 2019, quando era finito in arresto per maltrattamenti alla compagna.
Che Rivellini avesse contatti con la Mala del Brenta emerge da alcune inchieste del passato. Il 67enne a metà anni Novanta era finito in una mega indagine su Maniero e sottoposti, che contava 254 indagati e più di 350 capi di imputazione, tra i quali la rapina al Casinò di Venezia, l’assalto al campo rom di Stezzano e un traffico di droga dalla Colombia. Rivellini era accusato di aver ricevuto un chilo di eroina da soggetti orbitanti attorno alla banda di Maniero.
Il 67enne di Telgate è conosciuto nell’ambiente della vecchia mala bergamasca come un rapinatore che ha preso parte ad assalti anche a banche in Austria e in Svizzera. Nel 1977, durante un colpo alla filiale di Grumello del Monte della Banca Popolare di Bergamo un maresciallo dei carabinieri venne ferito in un conflitto a fuoco. Per quell’episodio Rivellini fu condannato a 18 anni e finì nel super carcere di Trani, in Puglia, dove nel 1982 uccise a coltellate un compagno di cella. Nel 1980, mentre era detenuto nel carcere Canton Mombello di Brescia, con un altro detenuto, Vincenzo Andraous, sequestrò 40 persone. Nel 1977 evase con altri 7 detenuti dal vecchio carcere bergamasco di Sant’Agata con rocambolesca fuga sui tetti di Città alta. Nel 1990 la sua ex moglie fu trovata morta a Capriolo (Bs), uccisa da due colpi di pistola.
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