Unibg, l’85% dei laureati trova lavoro entro un anno: 1 su 2 per ciò che ha studiato

IL RAPPORTO. Migliora ulteriormente la condizione occupazionale di quanti completano il percorso nell’ateneo bergamasco. Cavalieri: «Il nostro obiettivo resta lavorare più sulla qualità che sulla quantità».

Il segno «più» emerge accanto a diverse voci: aumentano gli studenti che si laureano in corso (il 71,2%, un punto percentuale in più), i laureati stranieri (dal 3,8% al 4,8%), ma soprattutto il tasso di occupazione dei laureati magistrali a un anno dal titolo (85,2%, +8 punti) e la loro retribuzione (in media 1.390 euro netti mensili per i laureati da un anno e 1.701 euro a cinque anni dalla laurea). In quei numeri c’è «la forza del sistema bergamasco»: l’università che forma persone e professionisti, le aziende che li accolgono, la sinergia tra accademia e impresa. Sergio Cavalieri, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo, inquadra così le performance dell’ateneo orobico segnalate nel nuovo rapporto di AlmaLaurea sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati. «Questi risultati sono un elemento di vanto e di orgoglio per tutto il sistema bergamasco, non solo per l’Università – rimarca il rettore -. I dati di placement testimoniano un inserimento nel mondo lavorativo che avviene in tempi brevi e con profili di qualità».

Il 59,1% degli studenti decide di proseguire con una magistrale

Il report consegna una galassia di indicatori. Altri dati: se si stringe la lente sui laureati triennali, il 59,1% decide di proseguire con una magistrale; tra chi invece sceglie il mondo del lavoro, l’80,1% ha un’occupazione. E se invece si torna sulle magistrali, a cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione arriva al 93,5% (in crescita di un punto sull’anno precedente), contro una media lombarda del 91,9% e una media nazionale dell’88,7%. Non sono numeri fini a se stessi: «I dati, soprattutto quando vengono disaggregati per singolo corso di laurea, ci permettono anche di capire come riposizionare la nostra offerta formativa – spiega il rettore Sergio Cavalieri -. Questo lavoro è fondamentale per cogliere le esigenze e dare risposte per il territorio e per la soddisfazione dei nostri studenti». Anche sulla base di queste traiettorie, ad esempio, il nuovo anno accademico porterà sette nuovi corsi di laurea (uno triennale e sei magistrali).

In filigrana si coglie una delle sfide decisive del presente: il «matching» tra competenze e mansioni, tra formazione universitaria e richieste delle aziende. Tra i laureati magistrali, ad esempio, il 53,6% dichiara di «utilizzare in misura elevata nel proprio lavoro le competenze acquisite durante il percorso di studi»: uno su due, in sostanza, svolge un lavoro pienamente attinente a ciò che ha studiato. C’è così un’altra porzione quasi equivalente di laureati che lavorano e svolgono però qualcosa di più o meno differente da ciò che avevano studiato. In sostanza: l’università lavora sulla formazione della persona, ancor prima che sulla formazione del professionista. «La laurea non è un diploma professionale legato a un lavoro che si farà tutta la vita: abbiamo laureati in Filosofia che lavorano nelle risorse umane, o ingegneri che lavorano in ospedale – ragiona Sergio Cavalieri -. La laurea è un paradigma: ciò che lo studente apprende è in primo luogo la capacità critica, che permette di potersi rigenerare nel tempo. La vita lavorativa pone sempre più sfide o criticità che portano a reinventarsi. Dall’altro lato, queste evidenze ci danno stimoli per riposizionare o attualizzare alcuni percorsi meno rispondenti alle nuove sfide».

Immatricolazioni, sfida di qualità

L’estate è tempo di iscrizioni. Proprio nei giorni scorsi il ministero dell’Università e della ricerca ha tirato le somme sulle immatricolazioni per l’anno accademico 2022/2023 (quello cioè iniziato lo scorso ottobre): le matricole di Unibg sono state 4.272, proseguendo una nota parabola di crescita (erano 4.038 per l’anno accademico 2021/2022 e 3.528 per il 2020/2021). La situazione è molto variegata a livello nazionale, pur all’interno di un aumento delle immatricolazioni: «Le immatricolazioni dovrebbero essere il termometro sullo stato di salute di un ateneo – osserva ancora il rettore -, anche se sta cominciando a intravedersi una possibile tempesta perfetta: l’inverno demografico, il divario territoriale tra Nord e Sud, il ruolo delle università telematiche. Non sappiamo quante saranno le immatricolazioni del prossimo anno: il nostro obiettivo è lavorare sulla qualità, non sulla quantità». Un focus, quello sulla qualità, che si lega alla forte espansione degli ultimi anni: «Ormai Bergamo è un ateneo grande, andato ben oltre le aspettative, e l’obiettivo è rinforzarci. Dobbiamo ammettere anche una cura dimagrante, con il numero programmato in alcuni corsi, come reintrodotto per esempio a Scienze aziendali – spiega il rettore -. Una diminuzione del numero degli immatricolati permette di avere spazi adeguati, meno stress sulle strutture, un più corretto rapporto docenti/studenti. La qualità è già ottima, ma deve essere sostenibile nel tempo: vogliamo volare verso la qualità».

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