Unibg, dopo la magistrale otto laureati su dieci al lavoro entro un anno

RAPPORTO ALMALAUREA . Il dato supera il 91% a cinque anni dal titolo di studio. Il rettore Cavalieri: «Offerta formativa collegata alle esigenze del territorio».

Laurearsi conviene. Soprattutto se si ottiene anche la laurea magistrale, il vero «volano» verso traiettorie di carriera più importanti, più remunerative, più solide. Qualche dato: a cinque anni dal conseguimento del titolo, i laureati magistrali dell’Università di Bergamo hanno un tasso di occupazione del 91,1% e una retribuzione media di 1.757 euro netti al mese.

È una fotografia dettagliata quella scattata dal nuovo rapporto annuale di AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario che monitora la condizione occupazionale dei laureati di 78 atenei del Paese. A livello di tassi di occupazione, Bergamo mostra tendenzialmente valori ben più alti della media nazionale. «Incidono almeno due fattori – ragiona Sergio Cavalieri, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo -. Uno è di contesto: siamo inseriti in un territorio produttivo e dinamico. Siamo sempre associati all’aeroporto di Orio al Serio, un hub di mobilità: in questo contesto, l’Università è un hub culturale. Il secondo fattore è più specifico: l’offerta formativa è fortemente collegata alle esigenze del territorio, lavoriamo a più mani con le realtà associative economiche e teniamo un’attenzione costante alle ricadute di ciò che facciamo. Il fatto di coinvolgere il mondo economico-sociale e il territorio nell’indirizzare le principali linee progettuali dell’ateneo riduce il mismatch tra domanda e offerta di lavoro». Complessivamente, il 92,7% dei laureati dell’Unibg si dice soddisfatto dell’esperienza universitaria.

Lauree triennali

Il punto di partenza nel monitoraggio della condizione occupazionale è il primo step della carriera universitaria, cioè la laurea triennale. AlmaLaurea ha interrogato i laureati a un anno dal conseguimento del titolo di studio: il 64,9% di questi ha deciso di proseguire gli studi. Com’è andata, invece, tra chi ha provato a entrare nel mondo del lavoro? In questo caso il tasso di occupazione è dell’80,5%, contro una media delle università italiane che si ferma al 74,1%; è invece più bassa la retribuzione mensile netta, che si ferma a 1.266 euro contro i 1.384 euro di media delle università italiane.

Le magistrali

Più corposa l’analisi dedicata ai laureati magistrali, suddivisa su una doppia dimensione temporale. Cosa succede a un anno dal conseguimento della laurea magistrale? Il tasso di occupazione è dell’81,1%, contro il 75,7% di media delle università italiane. La velocità d’inserimento nel mercato del lavoro è però diversificata a seconda dell’area disciplinare: tra i laureati dell’area artistica, letteraria e dell’educazione il tasso di occupazione si ferma al 77,3%, nell’area economica giuridica e sociale si risale al 79,3%, mentre tra le discipline Stem (scienze, tecnologie, ingegneria, matematica) si fa un balzo sino al 92,2%. Il 40,6% degli occupati «sfornati» dall’Università di Bergamo dopo un anno dalla laurea magistrale ha un contratto a tempo indeterminato; quanto alla retribuzione, il livello salariale medio si attesta a 1.458 euro (la media nazionale è di 1.432 euro). Così, il 91,7% degli occupati ritiene la propria laurea efficace per il lavoro che sta svolgendo.

Poi l’analisi a cinque anni dal titolo di studio, dove fisiologicamente i valori si consolidano verso l’alto: il tasso di occupazione dell’Università di Bergamo arriva al 91,1% (contro l’88,2% di media), il tempo indeterminato sale al 67,1% e le retribuzioni medie a 1.757 euro netti mensili (la media nazionale è di 1.768 euro); il 77,9% di questi lavoratori è inserito nel privato, il 17,9% nel pubblico, il 4,3% nel non-profit. Il 95,4% degli occupati, infine, ritiene la propria laurea efficace per il lavoro svolto.

Il lavoro di domani

Cosa succederà magari tra dieci anni, invece? È questa l’altra grande sfida, a Bergamo come in ogni università: individuare le traiettorie professionali del futuro, formare i giovani affinché siano pronti a vivere anche quei lavori che oggi nemmeno immaginano. Lo richiedono i cambiamenti sempre più repentini della società e dell’economia. Per il rettore Sergio Cavalieri, serve una strategia che corra su più direzioni: «ibridazione» è la prima parola chiave. «Serve avere dei corsi di laurea che sempre più mettono insieme discipline diverse, ed è ciò che stiamo facendo – specifica Cavalieri -. A Ingegneria ad esempio parliamo di sostenibilità, ma anche di temi etici, perché un ingegnere deve comprendere le ricadute etiche e legali del proprio ambito, mentre nell’area umanistica abbiamo attivato dei corsi in digital humanities, così da formare filosofi che possano operare in maniera efficace all’interno delle realtà aziendali, e ancora abbiamo da poco avviato un nuovo corso di laurea magistrale sulla lettura delle complessità geopolitiche, di grande attualità. Il fatto che questi corsi coinvolgano più aree ci dà fiducia sul fatto che possano poi collegarsi alle future esigenze delle realtà lavorative». C’è quindi il tema delle «soft skills», che si traducono nel dare agli studenti competenze di «imprenditività, leadership, comunicazione», aggiunge Cavalieri.

Se il mondo è globale, anche la forma mentis deve assumere quel respiro: «Tra gli elementi di soddisfazione emersi dal rapporto c’è anche la possibilità di vivere esperienze all’estero – conclude Cavalieri -. Una quota elevata di studenti ha trascorso un periodo all’estero, e questo è fondamentale: non si possono comprendere certi fenomeni se non si vivono in presa diretta le realtà culturali diverse dalla nostra».

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