Cronaca / Bergamo Città
Sabato 01 Febbraio 2020
Un anno dalla morte di Marisa
«Mia sorella non è morta invano»
Un anno fa il delitto Sartori a Curno. La testimonianza della sorella Deborha: «La sento vicina a me e mi aiuta la poesia».
«Marisa non è morta invano: il suo sacrificio è servito a qualcosa di concreto, se oggi tante donne decidono di non subire ma di denunciare il loro aguzzino». Deborha Sartori è la sorella di Marisa, la venticinquenne ammazzata a coltellate un anno fa, nel garage di casa a Curno, dal marito Ezzedine Arjoun, tunisino condannato all’ergastolo lo scorso novembre. Deborha, di due anni più giovane della sorella, ha vissuto in prima persona quel dramma, perché la sera del 2 febbraio dell’anno scorso non solo si trovava con Marisa, ma è stata a sua volta ferita all’addome dall’ormai ex cognato, per fortuna poi riprendendosi completamente.
Quel 2 febbraio di un anno fa
Ezzedine Arjoun non sopportava l’idea della separazione: pensava che ciò avrebbe potuto mettere in discussione anche la sua permanenza in Italia. Lui e Marisa si erano sposati nel 2012 in Tunisia, poi il matrimonio era stato registrato anche nel nostro Paese, visto che la coppia si era trasferita a vivere prima a Sorisole e poi a Sant’Omobono. Di fatto Marisa ed Ezzedine si erano separati dall’aprile del 2018, ma il tunisino non aveva mai approvato questa decisione.
Tanto che il 20 gennaio non si era presentato in municipio per formalizzare la separazione in attesa del divorzio e aveva cominciato a minacciare Marisa. Spingendola a presentare, il successivo 28 gennaio, quattro giorni prima del drammatico epilogo, una denuncia ai carabinieri, tramite l’avvocato Marcella Micheletti, tutt’ora il legale della famiglia, per maltrattamenti, stalking e violenza sessuale. Ipotesi d’accusa che oggi verrebbero subito indirizzate – anche proprio a seguito di quanto avvenuto dopo il delitto di Marisa Sartori – al pool incaricato di gestire i cosiddetti «Codici rossi», che necessitano un intervento di allontanamento immediato. Non era così solo un anno fa, tanto che Ezzedine Arjoun raggiunse e uccise la moglie.
«Di lei mi manca tutto»
«Cosa mi manca di lei oggi? Tutto. Mi manca la sua presenza», sottolinea la sorella Deborha, mostrando una foto sorridente di lei, Marisa e mamma Giusi. «Eravamo molto legate e, con il passare dei mesi, ho pensato che il modo per averla ancora vicina fosse scrivere poesie per ricordarla. Poesie anche molto crude e schiette, ma che mi consentono uno sfogo. Oggi le cose sono molto cambiate e potremmo dire anche per via di quello che è accaduto a Marisa: il suo delitto ha dato l’input per aumentare la sensibilità contro la violenza di genere, ma anche a tante specifiche iniziative di sensibilizzazione. In questo potremmo dire che Marisa non è morta invano. Anche se ci manca ogni giorno». n
E proprio per quanto riguarda le iniziative di sensibilizzazione, domani in piazza Vittorio Veneto è in programma un flash mob (i dettagli nel box in alto a sinistra). «Un’iniziativa stupenda – descrive Deborha Sartori – per rappresentare noi donne vittime di violenza carnale e psicologica, le donne che non hanno voce o a cui non viene data voce ma, purtroppo, solo il silenzio, e le famiglie distrutte perché non muoiono solo le figlie, le sorelle, le amiche, ma insieme a loro muore una parte di noi».
Le poesie
Deborha ora scrive poesie per ricordare sua sorella. Come questa che le ha dedicato: «Questa notte è così triste/come faccio poi a capire/che mai più potrò sentire/le parole che hai da dire/Pieni d odio sono adesso/i pensieri che ho io addosso/ti penso così spesso/che ti porto sempre appresso/Non potevo immaginare/si potesse tanto odiare/una persona, da morire!/o che non tutti posson capire.. /Capisco la morte/che viene alle porte/ma così è innaturale/non era da fare/Tutti i giorni son lacrime amare/non riuscirò a portarti mai al mare/ma con i miei occhi ti farò guardare/quel che di bello ancora rimane/Papà tutti i giorni ti viene a trovare/perché da sola non ti vuole lasciare/mamma i tuoi vestiti continua a piegare/Marisa ci manchi non riesco più a respirare».
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