Tre infermieri nella stessa famiglia
«50 giorni allucinanti, ne usciremo uniti»

Marito, moglie e figlia al lavoro in corsia, da Sant’Omobono al Papa Giovanni. Altri due figli a casa da soli: uno prepara la maturità.

Sono stati celebrati come degli eroi; gli italiani li hanno coccolati, lodati ed elogiati sui social network oppure incontrandoli di persona tra le corsie degli ospedali; sono state scritte canzoni e composte poesie in loro onore; nel frattempo, gli infermieri hanno continuato a lavorare. Impegnati a salvare la vita delle persone ricoverate a causa del Sars-CoV-2.

Così, fra turni di lavoro senza fine, riposi saltati, colleghi da sostituire e emergenze da gestire, mantenere anche un equilibrio familiare diventa una missione quasi impossibile. Lo sanno bene Raffaello Baitelli, la moglie Nelly Rota e la loro figlia Valentina, tutti e tre infermieri del Papa Giovanni XXIII, ospedale da cui entrano ed escono ininterrottamente da quasi due mesi avendo come unica destinazione alternativa la loro casa a Selino Alto, frazione di Sant’Omobono Terme. «Eppure siamo una famiglia di infermieri – racconta Raffaello – e questo ci porta a capire immediatamente le nostre esigenze: alla fine di tutto questo, ne usciremo sicuramente più forti e più uniti».

«Cinquanta giorni allucinanti»

L’esperienza professionale e umana di questi due mesi sta segnando in profondità il loro «essere» infermieri: «Sono stati cinquanta giorni allucinanti – aggiunge Raffaello – e soltanto noi avremo il ricordo più chiaro e più lucido di quel che abbiamo visto e di quel che abbiamo dovuto fare per fronteggiare il coronavirus».

L’ospedale cittadino, che dispone di circa 1.200 posti letto, è stato tutto convertito alla cura dei malati colpiti da polmonite interstiziale: «Di fatto, sono saltate tutte le procedure ordinarie: medici, infermieri, operatori socio sanitari, ma anche impiegati e dirigenti, hanno dovuto rivedere e ricalibrare il proprio modo di lavorare. Medici specializzati in una certa disciplina, infermieri che non avevano mai utilizzato un casco per la respirazione: tutti ci siamo dovuti adeguare a questa nuova lotta».

«A casa altri due figli»

Raffaello, Nelly e Valentina (sposata, vive a Almenno San Bartolomeo) a casa hanno sempre ad aspettarli, chiusi in quarantena, anche Giacomo, che studia matematica all’università a Milano, e Andrea, che sta preparando la maturità all’istituto agrario Mario Rigoni Stern: «Per fortuna – racconta ridendo il papà – almeno loro hanno deciso di prendere strade diverse. Io e mia moglie ci siamo conosciuti nel 1987, proprio frequentando la scuola per infermieri, e non ci siamo più lasciati».

Proprio pensando alla formazione dei giovani che scelgono di intraprendere la strada per questa delicata professione, Raffaello Baitelli è convinto che «nulla sarà più come prima: il nostro mestiere è stato enormemente valorizzato in questi due mesi, ma non ci sentiamo degli eroi. È vero, ci siamo sacrificati e di vite ne abbiamo salvate; è altrettanto vero che tanti di noi si sono ammalati e qualcuno non c’è più; senza i sanitari, sarebbe stata un’ecatombe. Ma noi siamo abituati a tutto questo, è il nostro lavoro quotidiano».

«Ciò che è cambiato – prosegue – è che se ne sono accorti tutti, non solo i familiari dei malati che solitamente avevano a che fare con noi. È tutta la società ad aver capito quanto sia importante il ruolo dell’infermiere: ecco perché dico che “ora o mai più” per rilanciare questo mestiere, per dargli la giusta dignità. Abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa, ed eravamo sempre relegati sullo sfondo: quando sarà finita l’emergenza, l’intero sistema sanitario dovrà avviare con la categoria infermieristica un serio confronto».

«Non è tempo di processi»

E quando finirà l’emergenza? «È ancora presto – risponde l’infermiere con oltre trent’anni di esperienza – e per questo non mi piace lo scontro politico che si è già acceso sugli eventuali errori commessi nella gestione di questo tsunami. Purtroppo la gente continua ad ammalarsi e a morire. Non è ancora tempo insomma per i processi».

A dare forza, concentrazione a Raffaello Baitelli è anche lo sport: runner e allenatore di decathlon, nei pochi ritagli di tempo si impone di continuare ad allenarsi nel prato di casa. «L’attività fisica mi aiuta a sopportare la fatica. E a superare la paura di ammalarmi. Quella c’è sempre».

© RIPRODUZIONE RISERVATA