«Tentò di invitarla a salire sul furgone». Muratore a processo: «Adescò 12enne»

Bassa Bergamasca. Era sola e stava tornando a casa a piedi. L’accusa: prima gli apprezzamenti e poi l’invito, ma lei tirò dritto. La difesa: racconto inficiato dalle domande suggestive.

Un uomo al volante di un furgonato bianco le si sarebbe avvicinato mentre camminava sola in un parcheggio, rivolgendole un apprezzamento di natura sessuale per poi seguirla per qualche decina di metri e invitarla a salire sul mezzo. Ma lei s’era rifiutata e aveva confidato tutto all’amica, la cui madre aveva provveduto ad avvertire i carabinieri.

Il racconto della ragazzina, all’epoca 12enne, è diventato fascicolo penale e poi processo: l’uomo del furgone - un muratore della pianura orientale, ora 66enne - è ora alla sbarra per adescamento di minorenne (pena prevista da uno a tre anni). L’episodio sarebbe accaduto intorno alle 16 del 1° marzo del 2019 in un paese della Bassa occidentale, nei pressi della palestra. Ieri, durante la prima udienza del dibattimento davanti al giudice Laura Garufi, a ricostruirlo è stato un vice brigadiere della stazione dei carabinieri che ha condotto le indagini.

La ragazzina stava rincasando dopo essere stata ospite di un’amica con la quale aveva svolto una ricerca da presentare l’indomani a scuola. In un parcheggio – è quanto ricostruito dal militare ieri in aula – sarebbe stata avvicinata dal muratore al volante del furgonato. L’uomo – è l’accusa – le avrebbe rivolto un pesante apprezzamento. La dodicenne però aveva tirato dritto. L’imputato - sempre stando alla ricostruzione del vice brigadiere – l’avrebbe seguita per qualche decina di metri col mezzo, poi avrebbe accostato chiedendole dal finestrino di salire sul furgone. L’adolescente aveva rifiutato, ignorando l’invito, e il muratore era ripartito. Lei aveva raggiunto un parchetto dove c’erano le amiche. Qui aveva raccontato quanto accaduto. Una delle ragazze, una volta giunta a casa, aveva riferito alla madre. La quale aveva immediatamente avvisato i carabinieri.

«Così l’abbiamo individuato»

E i militari, tramite le telecamere del Comune e le banche dati, erano risaliti al muratore. La scena dei presunti apprezzamenti non è stata filmata, ma c’è il percorso del furgone negli istanti successivi. In una delle immagini estrapolate si vede abbastanza nitidamente il 66enne al volante del mezzo. Che poi è transitato sotto una telecamera con lettore targhe grazie al quale i militari sono risaliti a quella del furgone. È risultato intestato a un’impresa edile della media pianura. I carabinieri, tramite la banca dati dell’Inps, avevano individuato tutti i dipendenti della ditta. Poi erano passati a consultare il data base della Motorizzazione civile per verificare le patenti di guida dei dipendenti dell’azienda. Comparando le foto delle patenti con l’immagine estrapolata dai filmati delle telecamere comunali s’era giunti all’imputato.

La ragazzina era poi stata sottoposta ad audizione protetta dove aveva ricostruito la vicenda. L’imputato parlerà alla prossima udienza, il 20 dicembre. Contattato dal nostro giornale, l’avvocato difensore Mario Secondo Tacchinardi ha spiegato che il suo assistito si è sempre dichiarato estraneo agli addebiti. «Il reato che gli è contestato è estinguibile con la messa alla prova – ha osservato il legale –. Se avesse riconosciuto anche una minima responsabilità, avrebbe senz’altro scelto questa strada processuale. Invece, è disposto a rischiare un’eventuale condanna perché si ritiene innocente».

«Genuinità del racconto inficiata»

Secondo il difensore, inoltre, nell’audizione protetta la ragazzina sarebbe stata sottoposta a domande suggestive e dopo aver prima parlato della vicenda con una decina di persone: «E questo potrebbe aver inficiato la genuinità del racconto». Quanto agli apprezzamenti e all’invito a salire sul furgone, l’avvocato Tacchinardi ha sottolineato che la ragazzina è sempre rimasta al telefono durante i secondi in cui si è sviluppato l’episodio e che nell’audizione ha detto di aver interpretato le parole del muratore leggendo il labiale perché il rumore del traffico non consentiva di sentire. Infine, per la difesa, «le immagini non certificano l’avvicinamento del furgone alla parte offesa».

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