Stufe e impianti non puliti per i costi, a marzo nella Bergamasca triplicati gli incendi in casa

Contati 448 roghi generici e 61 ai tetti. Hanno influito la riaccensione
delle stufe, ma anche la crisi economica che ha spinto molti a non pulire gli impianti. Tra le cause anche l’utilizzo di combustibili non idonei, pellet di scarsa qualità. Il comandante dei vigili del fuoco: «Serve informazione sulla cultura della sicurezza».

I dati parlano chiaro: nel mese di marzo c’è stata un’impennata degli incendi in abitazione, in particolare incendi tetto, rispetto allo stesso periodo del 2020 e ai mesi di gennaio e marzo 2021. Le statistiche, fornite dal comando dei vigili del fuoco di Bergamo, parlano di 162 incendi generici e 18 incendi tetto nel marzo 2020 che quest’anno sono quasi triplicati, passando rispettivamente a 448 e 61. A gennaio 2021 c’erano stati 161 incendi generici e 18 incendi tetto, a febbraio 195 e 10. Nel gennaio 2020 erano stati 180 gli incendi generici e 11 i tetti, passati a 251 e 25 a febbraio. Pesano, sull’esplosione del numero degli incendi in casa a marzo, tre fattori: «Innanzitutto l’ondata di freddo anomala che ha colpito la Bergamasca - spiega il comandante provinciale dei vigili del fuoco Calogero Turturici - che ha comportato l’accensione di impianti che erano già stati messi a riposo con i primi caldi. A causare l’impennata dei roghi a marzo c’è poi la crisi economica, che ha spinto i cittadini a non fare la manutenzione ordinaria sugli impianti a carburante solido. Se non si pulisce la canna fumaria e si accendono gli impianti, si accumula fuliggine su fuliggine e questo può provocare il surriscaldamento e l’incendio della canna fumaria. C’è infine il terzo fattore, ovvero l’utilizzo di combustibili non idonei, pellet di scarsa qualità o legna non stagionata, oppure carta patinata di giornali o riviste che contiene sostanze chimiche».

Gli incendi in abitazione di marzo non hanno provocato feriti ma in molti casi danni ingenti quando le fiamme hanno intaccato il tetto, se non addirittura l’inagibilità della casa. «Non si è trattato solo di case isolate in montagna, ma di centri urbani e piccoli paesi - precisa Turturici -. Negli anni scorsi abbiamo trovato anche stufette collegate alla meno peggio alle canne fumarie in cui scaricava il gas della cucina, fortunatamente oggi ce ne sono sempre meno. Ma la gente spesso sottovaluta il rischio del non fare la manutenzione: è vero che si risparmiano soldi sul momento ma alla lunga i danni potrebbero essere ingenti e le conseguenze disastrose. Un dato positivo è invece quello sugli incendi dolosi: solo due tra gennaio e marzo 2021 contro i 13 del 2020».

Capitolo a parte quello dei controlli: «I controlli preventivi si fanno secondo quanto previsto dalla normativa, con gli organi di vigilanza preposti tra cui anche i vigili del fuoco. Ma stufe e camini non rientrano nella legge ed è impossibile pensare di andare a controllare tutti gli impianti casa per casa, nessuno ha i numeri per farlo». Cosa si può fare quindi per evitare che si ripetano i numeri record di marzo? «Si può fare attività informativa attraverso giornali e televisioni, in modo da raggiungere un numero più elevato di cittadini, ma manca in Italia, genericamente, la cultura sulla sicurezza e prevenzione degli incendi. Esiste l’attività formativa nelle aziende, da cui sono però esclusi pensionati o artigiani. E poi mancano i soldi: i numeri di marzo riflettono la crisi economica provocata dalla pandemia».

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