Cronaca / Bergamo Città
Domenica 13 Dicembre 2020
Signorelli: «Covid, indicatori in calo
Ma non è finita, serve responsabilità»
Il professor Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università San Raffaele di Milano, componente del Cts lombardo: «La zona gialla non è un liberi tutti, il momento cruciale sarà con la ripresa di scuole e trasporti».
Nella nuova certezza cromatica, il «giallo» che da oggi regola la quotidianità dei lombardi, c’è un allarme che resta sempre ad alta intensità. E cioè quel che potrebbe succedere dall’Epifania in poi, ma che si può evitare facendosi (e facendoci) un regalo importante in queste feste: il senso di responsabilità. «Così come siamo ottimisti sulla fine della seconda ondata, dobbiamo sapere che la partita non è chiusa. Né per l’eventuale ritorno dei contagi né sul tema della convivenza con il virus, perché la campagna di vaccinazione avrà tempi lunghi, circa un anno», riflette Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università San Raffaele di Milano, componente del Cts lombardo, tra gli autori di un recente studio – insieme ad Ats Bergamo e Università di Pavia – dedicato all’impatto della seconda ondata in terra orobica.
Professore, iniziamo dalla svolta. La Lombardia ora è in zona gialla.
«La situazione in Lombardia volge al ribasso da alcune settimane. Gli indicatori principali sono in discesa, l’Rt è stabilmente sotto l’1 e cioè siamo nella cosiddetta fase di regressione dell’epidemia. Restano ancora un po’ alti i numeri dei ricoverati e soprattutto dei decessi, ma questo è legato alla latenza temporale tra contagio, eventuale ingresso in ospedale ed eventuale epilogo letale della malattia».
Alcune zone, come Bergamo, da tempo avevano già numeri da zona gialla.
«Adesso la discesa è uniforme in Lombardia, non ci sono più differenziazioni tra i vari territori. C’è stato un momento, alcune settimane fa, in cui la Regione avrebbe anche potuto scegliere di rendere le province di colori diversi: non lo ha fatto, e secondo me ha fatto bene perché i dati non inducevano a questa decisione con convinzione».
Qual è secondo lei lo scenario per il futuro imminente?
«La zona gialla non è un liberi tutti. Il momento cruciale sarà a gennaio, con la riapertura delle scuole. Attenzione: non per via della riapertura delle scuole in sé, ma per i meccanismi di interazione e di vita sociale che si innescano, a partire dalla questione del trasporto pubblico locale. La situazione non è così tranquilla…».
Il rischio è nella ripresa dei contagi con gli ospedali ancora mezzi saturi?
«Sono portato a credere che il problema della pressione ospedaliera si risolverà per fine anno. Aggiungo uno spunto: abbiamo ragione a ritenere che non arriverà la solita ondata annuale di influenza, lo si ipotizza sulla base di quel che è successo in Australia (nell’altro emisfero l’inverno è già stato affrontato, ndr) e perché le misure anti-Covid servono anche per l’influenza, e questo contribuisce a ridurre la pressione sugli ospedali».
Qual è il nodo principale da affrontare, dall’Epifania in poi?
«La vita sociale in qualche maniera potrà essere ancora limitata. Si parla ancora troppo poco della riorganizzazione del trasporto pubblico. Il limite di capienza è al 50%, però riprenderanno scuole superiori, università, attività lavorative: ci sarà una circolazione di persone elevata, a fronte dei limiti ai mezzi».
Lei ha studiato la seconda ondata a Bergamo. Cosa ha più fatto la differenza, nel contenere l’impatto?
«Le indagini di sieroprevalenza hanno evidenziato anche picchi del 42% di cittadini con anticorpi, in specifiche aree: tutte queste persone non hanno rifatto il Covid perché avevano la protezione. La copertura potrà anche scendere, ma certo non dopo tre mesi, e ciò ha evitato che la seconda ondata fosse violenta come la prima. Non è l’immunità di gregge, ma sicuramente un effetto di protezione c’è stato».
Con la replica autunnale del virus, anche le altre province lombarde hanno avuto un alto impatto. Si è sviluppata una protezione più omogenea che può proteggere l’intera regione per l’eventuale terza ondata?
«È un’ipotesi che non si può escludere: ciò che si è visto negli scorsi mesi renderebbe un terzo impatto meno violento in tutta la regione. È uno scenario, ma con un limite: gli interscambi della Lombardia con altri territori».
Capitolo vaccino: come si convincono gli scettici?
«Serve una comunicazione adeguata, trasparente: mettere in luce i rischi della malattia, i vantaggi della vaccinazione ma anche gli eventuali possibili effetti collaterali del vaccino, che sembrano comunque lievi e limitati. Sarà una campagna molto complessa, ma c’è la volontà di mettere in campo tutte le forze disponibili. Anche sulle tempistiche è necessario essere trasparenti: una campagna così richiede un anno per il completamento. Non è opportuno indicare termini troppo ravvicinati».
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