
Cronaca / Bergamo Città
Martedì 28 Gennaio 2025
«Sicurezza, la stretta sui bar è insostenibile per i gestori»
LE REAZIONI. Il decreto prevede telecamere, referente e codice di condotta. Non c’è obbligo, ma il settore protesta: «Già gravati da costi e adempimenti».
Telecamere, un referente per la sicurezza, adeguata illuminazione e un codice di condotta dell’«avventore modello» da affiggere sulle pareti dell’attività. Questo (e altro) prevede il decreto del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che riguarda bar, ristoranti, discoteche ma anche alberghi, pubblicato lunedì 27 gennaio sulla Gazzetta ufficiale. Nessun obbligo, ma un caldo invito a collaborare seguendo le «linee guida per la prevenzione degli atti illegali e di situazioni di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica all’interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici».
Migliaia di attività coinvolte
A Bergamo il tema riguarda migliaia di attività, solo considerando i «pubblici esercizi senza cucina», il classico bar, circa 2.600. Durante il fine settimana le associazioni di categoria hanno cercato di rispondere ai dubbi degli associati, preoccupati dell’obbligatorietà delle misure. Con la pubblicazione del decreto, che definisce un «sistema di cooperazione operosa», l’allarme è rientrato. Ma l’attenzione resta alta, con la richiesta, avanzata al governo dalle associazioni di categoria, di rivedere il nuovo strumento. Per Confcommercio Bergamo parla Giorgio Beltrami, vicepresidente Fipe Lombardia e presidente Fipe Bergamo, sindacato che raggruppa ristoranti e pubblici esercizi: «Siamo sconcertati, perché le associazioni non sono state coinvolte e perché il decreto sposta responsabilità di ordine pubblico che spettano allo Stato alle attività molto spesso piccole e a conduzione familiare, tra l’altro già responsabili all’interno dei locali. Abbiamo sistemi di sicurezza, attività di formazione e prevenzione che rispondono alla nostra funzione: accogliere e servire i cittadini. Ma non possiamo occuparci di ciò che avviene all’esterno, non è pertinente alle nostre responsabilità e funzioni. Il decreto prevede obblighi insostenibili, con ulteriori oneri a un settore già gravato da pesanti costi e adempimenti. Inoltre, insinua l’idea che i pubblici esercizi siano luoghi di pericolo o eccesso: al contrario, offrono un servizio alla cittadinanza, sono luoghi di socialità e non di rischio. Bene la precisazione del Viminale sulla volontarietà, ma chiediamo che il decreto venga rivisto, in dialogo trasparente e costruttivo. Auspichiamo a breve un tavolo di lavoro, per chiarire modalità e ambiti di queste linee guida».
Confesercenti: «Servono incentivi»
Confesercenti Bergamo, con il suo direttore Filippo Caselli, parte da una premessa: «Accogliamo con interesse l’obiettivo dichiarato del decreto del ministro Piantedosi, che punta a rafforzare la sicurezza e promuovere una maggiore collaborazione tra esercenti e forze dell’ordine, la sicurezza è un tema cruciale. Tuttavia, riteniamo fondamentale che l’attuazione di tali linee guida tenga conto delle difficoltà del settore. La nomina del responsabile della sicurezza, l’installazione di sistemi di videosorveglianza e l’adozione del codice di condotta comportano oneri aggiuntivi che vanno sostenuti con incentivi, sgravi fiscali, oltre a un monitoraggio condiviso degli effetti». Caselli ricorda come Bergamo abbia già in parte sperimentato misure simili, «quando venne introdotto, con luci e ombre, il regolamento “anti-movida” in Borgo Santa Caterina, poi applicato, in altre situazioni».
Gandi: «Dare potere agli enti locali»
Il tema della collaborazione viene ricordato dal vicesindaco Sergio Gandi, che con la Giunta Gori era assessore alla Sicurezza (e oggi al Commercio): «Sono state fatte tante operazioni condivise con gli operatori, anche in momenti delicati come il Covid-19. Non credo che imporre misure possa servire, meglio dare più potere agli enti locali, ad esempio dando loro la possibilità di imporre orari di chiusura, qualcosa che oggi possiamo fare, ma in misura limitata. La strada vera è la responsabilizzazione degli enti locali e delle associazioni di categoria, non imposizioni dall’alto chiedendo di fare investimenti senza prevederne la copertura, perché poi qualcuno deve metterci risorse. E poi mi chiedo se queste misure servono davvero a tutti gli esercizi del settore».
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