Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 14 Maggio 2020
«Siamo pronti a riaprire, poi si vedrà»
I negozi si preparano alla ripresa di lunedì
I centri commerciali aspettano un’indicazione regionale. I dubbi dei ristoratori in attesa di una data certa. Fusini (Ascom): «La resa dei conti sarà a settembre o a fine anno».
Un gigantesco forse. Questa è la situazione del commercio e della ristorazione che si preparano a lunedì 18 con la speranza di poter riaprire i battenti. Per abbigliamento e calzature sembra non esserci problema, per quanto riguarda ristoranti e bar la situazione è ancora complessa. Soprattutto in Lombardia, l’epicentro del Covid-19. Gli occhi sono tutti puntati su Palazzo della Regione dove oggi dovrebbe arrivare una decisione del presidente Attilio Fontana.
«Dal 18 maggio i negozi riaprono per scelta del governo, prima di allora noi dovremo ricevere le linee guida che devono essere inviate dal governo tramite l’Inail - ha chiarito Fontana nei giorni scorsi -, a quel punto incroceremo le linee guida con i dati epidemiologici e avremo la possibilità a livello territoriale di fare valutazioni chiedendo eventualmente di riaprire qualche attività in più».
Aperture superiori al 90%
Da Milano trapela un orientamento tendenzialmente favorevole alla riapertura dei negozi di abbigliamento e calzature, mentre per bar e ristoranti (e ancor di più su parrucchieri ed estetisti) si è più prudenti, anche se abbastanza ottimisti. Pare.
In numeri, secondo quanto elaborato da Ascom, sono 1.796 le imprese del settore abbigliamento e calzature che attendono di riaprire, per 3.800 addetti complessivi. Ma la domanda è, quanti riapriranno davvero? Il direttore Oscar Fusini pare possibilista: «Da un questionario tra i nostri associati e dai confronti avuti con i referenti di categoria o associazioni di via, la stragrande maggioranza aprirà lunedì». Con percentuali sulla carta superiori al 90%, si stima.
Perché riaprire è quasi una necessità: «Due mesi come quelli appena passati sono micidiali, ma chiudere adesso non è semplice». O meglio, non è automatico: «Un’attività commerciale non è qualcosa che si accende o spegne con un interruttore: ci sono scadenze, procedure, adempimenti. E poi, questo è un momento in cui serve liquidità: gli stessi commercialisti consiglierebbero di provare a ripartire ora».
Poi si vedrà: «Ecco, la mia vera paura è a settembre o a fine anno: lì si potrebbero davvero vedere gli effetti pesanti di questa situazione. Normalmente in questi ultimi anni il settore registra un turn over del 6-7% tra nuove e cessate attività. Nel 2020 rischiamo di avere un saldo molto negativo tra possibili chiusure e start up che non si sono avviate».
A Oriocenter riaprono tutti
Ma a preoccupare è anche lo stato d’incertezza generale, sia per quanto riguarda le riaperture che le procedure da seguire o i protocolli di sicurezza. A Oriocenter, per esempio, nell’attesa di indicazioni su una possibile ripresa si sono già messi all’opera da martedì: «Perché qui non c’è da far ripartire un negozio, ma una città intera» commenta il direttore Ruggero Pizzagalli.
In parecchi negozi si sta già lavorando per sanificare gli ambienti e cambiare le vetrine «che sono ancora ferme alla stagione invernale». Poi toccherà agli ambienti in comune: «Se arriverà l’ok, il centro commerciale è pronto a riaprire lunedì, ma è chiaro che ci siamo mossi prima e in autonomia». Per esempio con l’individuazione di nuovi assetti dei tavoli dell’area food «per garantire fruizione e distanziamento» spiega Pizzagalli. Probabile che lo spazio perso nelle varie attività di ristorazione venga recuperato con un’estensione dei tavolini lungo i corridoi. E anche da Oriocenter arriva una conferma: «Qui riapriranno tutti».
L’incognita bar e ristoranti
La ristorazione resta un grande punto interrogativo, a cominciare dalla effettiva data di ripartenza. L’ipotesi iniziale era quella del 1° giugno, ma poi si è iniziato a sondare l’anticipo al 18 maggio. Ancora in sospeso.
Sempre secondo i dati Ascom sono 3.800 le attività (divise tra bar e ristoranti) che attendono il semaforo verde, per un totale di 12.700 addetti. Un esercito. Ma le regole sul distanziamento potrebbero rivelarsi insostenibili, letali, per molte attività: soprattutto per quelle che lavorano su metrature ridotte e non possono contare su spazi esterni.
Nei giorni scorsi sulla porta de «Lalimentari» in Piazza Vecchia è apparso un cartello eloquente: «Se apriamo falliamo», riferito soprattutto alla mancanze di aiuti per il settore. Un problema colossale che si aggiunge ad una situazione già al limite di suo. La ripartenza non sarà per nulla facile. Senza forse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA