Sempre in prima linea con la battuta pronta. Addio a Elena Ventura

IL LUTTO. Dal 1967 a Bergamo, colonna dell’Anticrimine e alla guida dell’ordine pubblico negli anni più difficili. Ferraro: «Intelligente, pragmatica, ironica e ottimista».

«Vedendo facendo» non era solo il suo motto, ma un vero e proprio stile di vita. E tutti in questura, nonostante Elena Ventura fosse andata in pensione nel 2001 da primo dirigente dell’Anticrimine, lo associano al suo volto e a quell’ironia tagliente che era in grado di sdrammatizzare anche le situazioni più pesanti. Se n’è andata come ha vissuto, salda al comando dietro le quinte, senza mai desiderare i riflettori puntati addosso, con esequie in forma privata celebrate ieri e riservate, per sua espressa volontà, solo ai figli Rosaria, Valentina, Lorenzo e pochi altri parenti e amici strettissimi. Maria Elena Rubega, 83 anni, era per tutti Elena Ventura, cognome del marito Pasquale, primario del pronto soccorso degli Ospedali Riuniti per oltre vent’anni, morto nel 2017. Abitava in borgo Santa Caterina.

«Mi ricordo di certi derby Atalanta-Brescia in cui ci lanciavano le molotov e i cassonetti ma nessuno con lei è mai stato in pericolo»

Spezzina di origine, dopo la laurea in Giurisprudenza nel 1966 era entrata come ispettore nel Corpo della Polizia femminile che si occupava di minori e buoncostume, settori molto delicati in cui le donne avevano una marcia in più. A Bergamo era arrivata l’anno dopo e con la riforma della Polizia del 1981 diventò funzionario e comandante dell’Anticrimine, nel 1994 dirigente della Squadra Mobile per poi tornare da primo dirigente all’Anticrimine. Ha gestito in anni difficili collaboratori di giustizia, misure di prevenzione quando ancora la normativa era carente e bisognava gestire tutto all’impronta. In questura è considerata la «mamma» di tutti, un pilastro a cui i colleghi facevano riferimento per risolvere i problemi più spinosi. C’era la fila fuori dal suo ufficio, anche solo per una chiacchierata e per godere della sua simpatia e del suo sarcasmo.

Addio a Elena Ventura: «Era sempre ottimista»

È stata davvero una seconda mamma per il vicario Francesca Ferraro: «Elena era dotata di raro buonsenso, intelligenza, perspicacia, ottimismo. “Vedendo facendo” era il suo motto, il suo metodo di lavoro. Era pragmatica e capace di risolvere anche le questioni più difficili. Ironica, allegra, sempre disponibile e affettuosa, nel suo ufficio c’era sempre tanta gente e ha aiutato molte persone dentro e fuori dalla Polizia. Era capace di farti vedere il lato positivo delle cose e aveva una grandissima ironia, sapeva che certe tensioni andavano stemperate e lo faceva con un sarcasmo che poteva essere scambiato per cinismo ma che cinismo non era. Non amava stare sotto i riflettori anche se nella sua brillante carriera per forza di cose ci è finita: negli anni Ottanta e Novanta ha gestito da sola l’ordine pubblico quando non esisteva una normativa sul tifo violento, lo stadio era vecchio e senza barriere. Lei era responsabile dei servizi di ordine pubblico e con la sua calma gestiva situazioni davvero complesse. Mi ricordo di certi derby Atalanta-Brescia in cui ci lanciavano le molotov e i cassonetti ma nessuno con lei è mai stato in pericolo. Mi ha insegnato tutto e le devo moltissimo. È un grande dispiacere per la Polizia che le deve molto. Alcuni dei colleghi che hanno lavorato con lei sono ancora in servizio e la ricordano tutti con affetto immenso».

«Empatia e Elena, una cosa sola»

Così come Riccardo Cargnelli, ex vicequestore: «La prima persona che incontrai nel settembre 1978, il giorno del mio ingresso come novello vicecommissario alla questura di Bergamo, fu Elena Ventura, già esperta funzionaria. Mi chiese: “E tu chi sei?”, mi prese sottobraccio e mi accompagnò per i vari uffici. Era così, empatia e Elena, una cosa sola. E proprio con la sua empatia concorreva a mantenere una sorta di soffuso equilibrio tra le diverse realtà della questura. Come non ricordare le sue doti direzionali nei servizi di ordine pubblico in occasione delle partite dell’Atalanta: bastava uno sguardo per capire come muoverci. E si faceva capire anche dai tifosi ultras più accesi che, in un certo qual modo, la rispettavano».

«La simpatia fatta a persona»

Nel 1979 Vincenzo Ricciardi, che poi diventò questore, era commissario e dirigeva la Squadra Mobile: «Elena veniva nel mio ufficio perché le piaceva la polizia giudiziaria – racconta – e passavamo tanto tempo insieme a chiacchierare. Mi teneva compagnia, era un’amica prima che una collega. In questi anni ci siamo sempre tenuti in contatto e ci vedevamo in qualche occasione come la festa della Polizia o San Michele Arcangelo. Era la simpatia fatta persona».

«Per la questura di Bergamo un grande dispiacere»

Il questore Andrea Valentino non l’ha conosciuta personalmente ma «anche quando lavoravo a Milano con il Reparto Mobile – spiega – mi parlavano di questo funzionario di Bergamo che gestiva l’ordine pubblico, in anni complessi per come era fatto lo stadio e per la tifoseria. Il suo ricordo ce l’ho attraverso il mio vicario a cui Elena Ventura ha fatto un po’ da chioccia quando è entrata giovanissima in questura. Tutti sottolineano la sua ironia, allegria, capacità di tenere su il personale anche con il sorriso e le battute. La sua scomparsa per la questura di Bergamo è un grande dispiacere».

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