Seconde case: sette su 10 quelle vuote sulle Orobie

TURISMO. Solo 2.050 le strutture extra alberghiere registrate in provincia. Su 60-70 mila alloggi, utilizzati il 20-30%. Richiesta alta, manca l’offerta.

Migliaia di seconde case vuote, e una domanda che supera ampiamente l’offerta disponibile. È la situazione degli alloggi turistici in provincia e in particolare sulle Orobie. Difficilissimo avere una stima delle case, degli appartamenti vuoti, di quelli utilizzati dai proprietari e di quelli affittati. Secondo l’Istat, in tutta la provincia di Bergamo le seconde case sono circa 90mila, di cui 60 mila almeno sulle Orobie. Ma si tratta di un dato non aggiornato quindi probabilmente - quanto alle valli che si stanno spopolando - in forte difetto. Di queste seconde case, dalla Valle Imagna alla Val Seriana, probabilmente almeno il 70-80% non sono sfruttate, né dai proprietari (che magari salgono solo pochissimi weekend l’anno) né per affitti appunto turistici. In pratica vuote per gran parte dell’anno, magari anche in estate.

I dati

Se poi stiamo ai dati ufficiali della Provincia, ovvero le strutture extralberghiere effettivamente registrate (bed and breakfast, case, appartamenti vacanze, locande, foresterie, case ferie, ostelli), seppure in aumento sarebbero solo 2.050 (città compresa). Pochissime, per esempio, quelle che sarebbero affittate in paesi che contano anche 3.000 seconde case. Ufficialmente ne risultano magari solo quattro o cinque. Che, rispetto alle disponibilità le seconde case affittate siano pochissime, è noto. È anche vero che tantissimo resta il «sommerso», ovvero l’affitto che avviene senza registrazione, ma - come accadeva una volta - tramite passaparola, amici degli amici e via così.

«La mancata registrazione - spiega Maurizio Forchini, presidente di Promoserio, il consorzio che si occupa di promozione turistica in Val Seriana - dipende anche dalla complessità normativa che magari fa da freno a chi, per anni, ha invece affittato a conoscenti o amici. D’altra parte, comunque, c’è la difficoltà - e anche la scarsa volontà - di mettere sul mercato del’affitto turistico immobili spesso molto vecchi e non sempre attrattivi. Che magari non vengono utilizzati per gran parte dell’anno e quindi con poca manutenzione. In alcuni paesi, invece, c’è ancora il timore di dare in affitto le proprie case a forestieri». «E magari la difficoltà a trovare chi sia disposto ad affittare per brevi o brevissimi periodi», continua Forchini.

Le potenzialità

Eppure le richieste in tal senso pare ci siano, manca l’offerta, invece. O meglio la disponibilità, di chi ha gli immobili, di mettere a disposizione tale offerta. «La potenzialità delle Orobie è enorme - continua Forchini - in termini di disponibilità di seconde case. E la richiesta altissima. Probabilmente solo il 20-30% delle case non di residenza vengono sfruttate dai proprietari per le vacanze o vengono affittate. Aumentare la disponibilità effettiva vorrebbe dire creare un ulteriore indotto: pulizia, manutenzione, baby sitter, gestione delle case. Non basterà aumentare il numero di case, occorre dare poi i servizi».

«Molte seconde case - aggiunge Elena Riceputi, direttore del Consorzio Visit Brembo della Valle Brembana - negli anni non sono state messe a norma e quindi difficilmente rispetterebbero alcuni requisiti. Ecco allora che si continua comunque ad affittarle grazie al passaparola, ai social e alla conoscenze di sempre». «Anche come consorzio - continua Riceputi - riceviamo tantissime chiamate di ricerca di alloggi turistici che poi giriamo alle Pro loco ma le richieste sono decisamente maggiori alle disponibilità reali». C’è poi la questione normativa, la resistenza a volta di registrare la propria attività, obbligatoria per legge, che sia imprenditoriale o no (due le possibili forme per chi affitta una casa di proprietà).

La regolamentazione

«Tante persone “fuggono” di fronte alla regolamentazione - spiega Forchini -. Per questo, come Promoserio, offriamo un servizio nei nostri infopoint a chi vuole registrarsi. Facciamo noi le pratiche, poi dovrà essere il proprietario ogni volta a comunicare l’ospitalità». Di fatto, il proprietario di una casa, ha la possibilità di scegliere tra due strade: registrare l’alloggio che vuole affittare come «Struttura ricettiva» secondo la legge della Regione Lombardia del 2015 o come «Locazione turistica» secondo quanto stabilito dallo Stato. Come struttura ricettiva non imprenditoriale potrà affittare turisticamente per un massimo di nove mesi, come imprenditore in pratica tutto l’anno. Se, invece, si vuole registrare l’attività come «Locazione turistica», secondo la normativa statale potrà al massimo affittare per 30 giorni consecutivi allo stessa persona. Dopo tale periodo la locazione diventa immobiliare, quindi con l’obbligo di comunicare il contratto all’Agenzia delle entrate. In entrambi i casi occorre rivolgersi allo sportello unico delle attività produttive (Suap) del Comune. Cambia solo il modulo. Per tutti gli affitti turistici non imprenditoriali, comunque, dal 2018 la Regione ha introdotto l’obbligo di un Codice identificativo (Cir) dell’attività.

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