Scuole, il Comune spende 4,6 milioni per 241 assistenti educatori

ISTRUZIONE. Si prendono cura di 644 alunni in città, più del doppio rispetto al pre Covid. Marchesi: «Non semplice trovare personale formato».

Il mondo dell’assistenza scolastica per studenti con disabilità si trova a fronteggiare sfide sempre più complesse, legate principalmente alla carenza di personale qualificato e a una formazione specifica che fatica a tenere il passo con le crescenti richieste. Il Comune di Bergamo si impegna nel sostegno agli studenti più fragili grazie al lavoro degli educatori messi in campo dal Comune che garantiscono l’assistenza educativa scolastica: vale a dire interventi integrati e personalizzati in grado di favorire il raggiungimento dell’autonomia personale e sociale della persona con disabilità, nella prospettiva della costruzione di opportunità in grado di aprire scenari per un progetto di vita. L’obiettivo è facilitare l’inserimento e l’integrazione scolastica dei minori con disabilità attraverso prestazioni di natura socio assistenziale.

«Più inclusione»

La loro definizione è parte integrante del Pei - Piano educativo individualizzato scolastico – nonché del progetto di futuro del bambino e della sua famiglia. Attualmente, l’assistenza educativa scolastica portata avanti dal Comune di Bergamo si rivolge a 644 bambini e ragazzi di età compresa tra i 3 e i 18 anni, con alcuni casi che arrivano fino ai 20 d’età.

Numeri in aumento

Negli ultimi anni, i numeri degli studenti assistiti sono notevolmente aumentati: se nel 2019, epoca pre Covid, il servizio si rivolgeva a circa 250 bambini, ora il numero è più che raddoppiato. «Un dato che è legato ad una maggiore attenzione diagnostica e a interventi di identificazione precoce delle disabilità - afferma l’assessore ai Servizi educativi, Marzia Marchesi - Visto il costante aumento delle certificazioni, la diversificazione delle diagnosi e dei bisogni, il nostro intento è quello di gestire un servizio innovativo negli interventi perché lo spazio scuola possa fare la differenza, trasformandosi in un ambiente inclusivo pensato a supporto e potenziamento della capacità di accoglienza delle scuole stesse».

I numeri a Bergamo

Per rispondere a queste esigenze, il Comune, ad oggi, impiega 241 educatori specializzati, figure essenziali che operano con grande dedizione per assicurare un percorso scolastico il più inclusivo possibile. Ci sono però criticità. A cominciare dalla difficoltà di trovare personale formato: «Così come avviene per il reclutamento degli insegnanti di sostegno, trovare personale adeguatamente formato è una sfida complessa, anche per il settore degli educatori», fa presente Marchesi. Il Comune di Bergamo affida il servizio educativo tramite appalto alla Cooperativa Serena in associazione temporanea d’impresa (Ati) con la Cooperativa Alchimia. Per il 2024, il costo complessivo destinato a questo servizio è stato di 4 milioni e 621 mila euro, in crescita (nel 2021 ad esempio gli utenti erano 580, per una spesa di 3 milioni e 686mila euro). «La cifra include l’assistenza educativa scolastica, ma anche progetti specifici come “Sollievo” e il programma “Estate insieme” dedicati a supportare, durante le pause scolastiche natalizie, pasquali ed estive, le famiglie che devono affrontare le significative esigenze legate alla presenza di figli con gravi disabilità», spiega l’assessore Marchesi.

Il nuovo progetto sperimentale

Oltre agli interventi già consolidati, il Comune partecipa a un progetto sperimentale regionale che ha l’obiettivo di formare una nuova figura professionale: l’educatore di plesso e di comunità. «Questo modello è da quest’anno in corso nell’Istituto comprensivo Camozzi di Bergamo e coinvolge in totale 39 alunni, tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado - chiarisce Marzia Marchesi –. Il progetto mira non solo a supportare l’alunno, ma anche a considerare il contesto scolastico e territoriale in cui vive. L’obiettivo è creare un modello integrato, per facilitare la connessione tra lo studente, il gruppo classe, la scuola e la comunità locale, partendo dal quartiere, creando le basi per un vero progetto di vita che guardi oltre gli anni scolastici».

«L’obiettivo è creare ponti»

Un aspetto fondamentale è la creazione di «ponti» tra gli studenti e le realtà associative e territoriali. «L’integrazione del lavoro degli educatori con quello delle altre figure professionali della scuola non solo contribuisce al successo dell’inclusione scolastica, ma diventa una risorsa per tutta la comunità educativa - conclude Marchesi -. È fondamentale ragionare oltre la dimensione della diagnosi e dei piani didattici personalizzati: il vero cambiamento avviene quando si parte dall’alunno ma si tiene ben presente l’intera rete che gravita attorno a lui. In questo senso, un modello educativo ben organizzato non è solo un aiuto per chi ne ha bisogno direttamente, ma un valore aggiunto per tutti gli studenti, una base per una scuola davvero inclusiva».

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