Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 27 Aprile 2022
Scuola, uno studente su dieci lascia prima del diploma: i numeri
In Lombardia Nel 2020 l’11,9% dei ragazzi non ha concluso le superiori. Farisé: «Sofferenza nel post pandemia, aumentato il sostegno psicologico».
In quindici anni il valore s’è praticamente dimezzato, e il Covid ha innescato un rimbalzo solo minimo. Resta però la fotografia di un fenomeno che in qualche maniera resiste: l’11,9% dei lombardi tra i 18 e i 24 anni non ha concluso le superiori, abbandonando gli studi dopo la terza media e prima di raggiungere la «maturità». Poco più di uno su dieci, in sostanza, si è fermato prima di quel traguardo. È quanto rileva l’Istat, passando in rassegna il titolo di studio – i dati sono aggiornati alla fine del 2020 – dei giovani.
Nuovi scenari
L’analisi dell’istituto di statistica parte dal 2004 e descriveva allora uno scenario diverso, più preoccupante. In quell’anno, infatti, sempre guardando a chi allora aveva tra i 18 e i 24 anni, il 22,4% della platea lombarda non aveva concluso gli studi superiori. Via via la cifra si è erosa: nel 2006 si è scesi sotto il 20% (18,4%), e poi – al netto di qualche oscillazione – nel 2014 si è scesi anche sotto la soglia del 15% (più precisamente, al 12,9%). Il minimo storico per la Lombardia è rappresentato dall’11,5% del 2019: nel 2020 si è poi risaliti di alcuni decimi percentuali, e in questo rimbalzo potrebbe leggersi anche un primo effetto del Covid sulla dispersione scolastica. La Lombardia, tra l’altro, si mantiene comunque al di sotto della media nazionale, che si attesta invece al 13,1%: i dati più alti si segnalano invece tra Sicilia (lì, sempre nel 2020, il 19,4% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni non aveva concluso gli studi superiori), Campania (17,3%) e Calabria (16,6%); le aree più virtuose sono la Provincia autonoma di Trento (7,9%), l’Abruzzo (8%) e il Friuli-Venezia Giulia (8,5%).
«Sofferenza post-Covid»
«In questi anni sono stati fatti molti passi per l’inclusione, in tutti gli indirizzi di studio», premette Gloria Farisé, presidente della sezione bergamasca dell’Associazione nazionale presidi e dirigente del Liceo Falcone. La sfida – attualissima – è però quella innescata dalle conseguenze della pandemia: «C’è uno stato effettivo di sofferenza dei ragazzi per il post-pandemia – prosegue Farisé –. Il ministero ha erogato risorse finanziare ad hoc, per interventi di tipo psicologico, e tutte le scuole hanno aumentato considerevolmente le ore destinate al sostegno psicologico. Il Covid ha scardinato i ritmi, e soprattutto i primi mesi di questo anno scolastico sono stati davvero molto impegnativi. Già alle medie ci sono problemi seri di sofferenza da parte dei ragazzi, che vengono manifestati non solo nella minore motivazione ma anche attraverso disturbi di salute. In questa situazione di evoluzione, per cercare di salvare una generazione, la più colpita psicologicamente, è fondamentale una grande collaborazione tra scuole e famiglie».
«Le scuole bergamasche sono fortemente impegnate sul tema: quando uno studente vuole abbandonare o cambiare indirizzo, si attivano i servizi di orientamento e si coinvolgono anche i genitori»
«Se penso alla nostra realtà locale, il fenomeno è molto circoscritto – è il parere di Claudio Ghilardi, vicepresidente della sezione bergamasca dell’Associazione nazionale presidi e dirigente del Turoldo di Zogno –. Le scuole sono fortemente impegnate sul tema: quando uno studente vuole abbandonare o cambiare indirizzo, si attivano i servizi di orientamento e si coinvolgono anche i genitori. Io stesso, quando capita nella mia scuola, convoco lo studente per capire al meglio il problema. Si tratta di dirottare lo studente verso indirizzi e percorsi più adatti, tenendolo però nel circuito formativo. C’è anche un aspetto valoriale, l’etica del lavoro bergamasca, che incide positivamente. L’etica bergamasca, il codice culturale di questo territorio, punta molto sul senso del dovere e sull’impegno: difficilmente uno studente in età da scuola superiore abbandona e sta a casa a far nulla».
Più abbandono tra i maschi
I dati regionali dell’Istat porgono anche un’analisi più dettagliata a seconda del genere degli studenti, confermando come l’abbandono sia più diffuso tra i maschi rispetto alle femmine. È storicamente così, e lo è tutt’oggi. Se la media lombarda è appunto dell’11,9%, i maschi tra i 18 e i 24 anni che non hanno ottenuto il diploma sono il 14,4%; tra le femmine, invece, la quota scende al 9,1%. L’oscillazione recente è stata più marcata tra l’altro tra i maschi: nel 2019 il dato maschile era infatti del 12,8%, nel 2020 l’incremento è stato di 1,6 punti percentuali; tra le femmine, invece, nel 2019 il dato era al 10,1%, nel 2020 anzi è sceso di un punto percentuale esatto. In altri termini: se un effetto Covid c’è stato, è stato quasi esclusivamente tra i maschi.
L’abbandono tra i maschi, nel 2020, si attesta al 15,6% (era al 27% nel 2004); tra le femmine, invece, è circoscritto al 10,4% (era al 19,2% nel 2004)
Se si torna indietro sempre di un quindicennio, si ribadisce il differente andamento. Nel 2004, il 26,9% – più di uno su quattro – dei maschi lombardi tra i 18 e i 24 anni aveva interrotto gli studi prima del diploma; tra le femmine, invece, «solo» il 17,7%. Lo stesso vale su scala nazionale: l’abbandono tra i maschi, nel 2020, si attesta al 15,6% (era al 27% nel 2004); tra le femmine, invece, è circoscritto al 10,4% (era al 19,2% nel 2004).
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