«Scelta giusta il green pass sul lavoro». L’immunologo: terza dose, sia fatta anche ai giovani

L’immunologo Sergio Abrignani: «Con l’ultimo provvedimento l’Italia sta facendo scuola in Europa». Tamponi gratis ai non immunizzati? «Sarebbe assurdo. Falsa la tesi secondo cui i vaccini favorirebbero le varianti».

L’Italia fa scuola in Europa, primo Paese a imporre il green pass a chiunque voglia lavorare, settore pubblico o privato che sia. «Una misura eccellente, che ci fa onore», assicura Sergio Abrignani, immunologo, professore alla Statale di Milano, 35 anni passati a fare ricerca sui vaccini sia in ambito industriale che accademico. «La strada migliore, per la scienza, sarebbe stata imporre l’obbligo vaccinale. Ma è un’opzione impraticabile, non possiamo mandare i carabinieri a casa di un milione e mezzo di no vax. Il green pass ci consente comunque di mitigare al massimo i rischi». Di green pass e obbligo vaccinale Abrignani – che mercoledì 22 alle 20,30 è atteso a Bergamo, palazzo della Provincia, per l’incontro «Si vis pacem, para bellum: i vaccini spiegati bene», promosso da Sapiens Festival e aperto a tutto il pubblico (prenotazioni obbligatorie su www.sapiensfestival.it ) – s’è dovuto occupare, ad abundantiam: dallo scorso marzo il direttore scientifico dell’Istituto nazionale di genetica molecolare Invernizzi di Milano fa infatti parte del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza Covid.

Professore, l’Italia è oggi fra i Paesi europei in cui il virus circola meno, e Bergamo ha dati ancora più favorevoli di quelli nazionali. Come legge questo risultato?

«Va ascritto a tre fattori. Il primo, l’alta copertura vaccinale. Il secondo, temporale: la variante delta è arrivata nel nostro Paese nel cuore dell’estate, periodo che favorisce la permanenza delle persone all’aria aperta, dove il rischio contagio è inferiore. In Spagna e nel Regno Unito invece si è diffusa ben prima, ad aprile, e la differenza con l’Italia si è vista. Il terzo fattore è rappresentato dalle misure di prevenzione: mantenere la mascherina al chiuso ha dato i suoi frutti».

Eppure stiamo iniziando a somministrare le terze dosi: qualcuno le vede come la prova dell’inefficacia dei vaccini.

«Qualcuno con gran poca competenza, evidentemente. Nella storia della vaccinologia tutti i vaccini somministrati in individui immunologicamente vergini richiedono tre dosi, a meno che non si tratti di vaccini basati su virus vivi attenuati. Funziona così con il vaccino contro l’epatite B, quello contro il meningococco B, la difterite, il tetano, la pertosse... Insomma, è la norma. Le prime due dosi, ravvicinate, inducono una forte risposta immunitaria che si attiva nel giro di poche settimane, la terza – a distanza di sei o otto mesi – garantisce invece una memoria duratura».

Perché le aziende farmaceutiche non hanno comunicato e previsto sin da subito un protocollo a tre dosi?

«Perché i tempi degli studi di sperimentazione si sarebbero, ovviamente, dilatati, con il risultato che staremmo iniziando oggi a vaccinare il mondo intero. Abbiamo idea di quali conseguenze avrebbe avuto questo ritardo? Si è giustamente preferito mettere in sicurezza con le due dosi i cittadini, per poi avviare gli studi sulla terza».

È però un dato acclarato che l’efficacia dei vaccini sia calata.

«È acclarato che sia calata, nel tempo, l’efficacia nel prevenire il contagio: dopo quattro-sei mesi dalla seconda dose circa il 20% degli individui può infettarsi. Ma l’efficacia nell’evitare il decesso è ancora altissima, pari al 97% circa, e chi si vaccina ha venti volte in meno la probabilità di contrarre la malattia in maniera severa. I dati che arrivano ogni settimana dall’Istituto superiore di sanità confermano l’enorme successo di questi vaccini. Ci siamo già dimenticati di quando avevamo 18 mila morti al mese di Covid-19?».

Dovranno sottoporsi tutti alla terza dose?

«Da Israele ci arrivano dati chiari: dopo la terza dose l’efficacia anche nel prevenire l’infezione torna altissima, a circa l’87%. È un risultato estremamente rassicurante: qualcuno temeva che il calo di efficacia fosse dovuto alla capacità della variante delta di sfuggire al vaccino. Invece è solo un calo temporale. Con queste evidenze è chiaro che la terza dose dovrà, io credo, essere raccomandata a tutti, proprio per mantenere alta l’immunità, com’è sempre stato nella storia dell’immunologia. Sugli over 50 non c’è discussione che tenga, ma proprio per evitare la diffusione del virus, la sua circolazione, in un’ottica di salute pubblica, andrà offerta anche ai più giovani».

A proposito di diffusione: è corretto sostenere che i vaccini inducano il virus a mutare?

«Assolutamente no. Né per questo virus, né per i virus responsabili di infezioni acute che la scienza ha conosciuto negli ultimi 150 anni. Le varianti si diffondono in ambienti dove la circolazione virale è ampia e la copertura vaccinale invece è scarsa. Guardiamo alla storia recentissima: la variante alfa è nata in Inghilterra da un paziente immunocompromesso, con un bassissimo livello di risposta immunitaria, rimasto positivo per otto settimane. La delta si è invece sviluppata in India, dove la copertura vaccinale era esigua. È una tesi che va contro qualsiasi principio dell’immunologia».

C’è un’altra tesi sposata dai più scettici: contagi e decessi di quest’ultimo periodo, in alcuni casi, sono stati superiori a quelli dell’anno scorso, epoca pre-vaccino.

«Va ricordato, ai più scettici, sia che l’anno scorso avevamo trascorso interi periodi di lockdown totale, sia che nel 2020 circolava la variante di Wuhan. Cosa significa? Che l’anno scorso un infetto poteva contagiare due persone e mezzo. Oggi con la Delta, contagiosa quasi come il morbillo, un positivo ne infetta otto/nove».

In Italia si è superata quota 75% di vaccinati. Come si convince la quota rimanente?

«Spiegando con estrema chiarezza che se il timore è quello degli effetti collaterali a lungo termine, non ci sono basi scientifiche per essere preoccupati: l’intera storia dei vaccini ci dice che gli effetti collaterali si palesano, al più tardi, entro qualche settimana. Se poi si vuol dar retta a paure infondate o irrazionali, conviene camminare guardando il cielo: potrebbe cadere un meteorite».

Vale anche per bambini e ragazzi?

«Sì. Questi vaccini sono stati somministrati a oltre due miliardi di persone in tutto il mondo, possiamo ben dire che sono stati sperimentati più dei vaccini comunemente usati sui giovani».

Nelle ultime ore circola la proposta di offrire tamponi gratuiti a chi non desidera vaccinarsi.

«Come detto, ripetuto e ampiamente documentato, i vaccini sono sicuri ed efficaci. E gratuiti. I no vax si comportano invece come gli evasori fiscali, vorrebbero beneficiare dell’immunità diffusa e raggiunta grazie agli altri. Ecco, i tamponi gratis sarebbero un condono agli evasori. Per quel che mi riguarda, non se ne parla».

© RIPRODUZIONE RISERVATA