Sant’Agostino, dopo tre anni rinasce il chiostro minore: «Luogo speciale»

Il RESTAURO. È stato inaugurato venerdì 15 settembre. Il Vescovo: simbolo di sapienza. Il soprintendente: un modello di restauro da seguire. Il rettore: frutto della collaborazione con il Comune.

«Un chiostro è il mio cuore». Cita la poesia di David Maria Turoldo, il Vescovo Francesco Beschi, apprestandosi a benedire il chiostro minore di Sant’Agostino, restituito all’ateneo e alla città dopo tre anni di lavori che l’hanno sottratto al degrado. «Questo luogo non accoglie più monaci ma giovani, maestri e cittadini. È un luogo speciale, che favorisce il dialogo e l’incontro tra generazioni, non rappresenta solo il passato ma è simbolo di sapienza, arte, cultura» sottolinea il Vescovo, ricordando ai presenti che «la porta più sorprendente non è alle nostre spalle ma al centro del chiostro, ed è il cielo. Non manchi il cielo alla vostra ricerca e alla nostra città».

Sulle note degli Ottoni del Politecnico delle Arti si è chiuso venerdì 15 settembre un pomeriggio di festa per l’Università di Bergamo e per la città intera, con l’auspicio, espresso dal soprintendente Luca Rinaldi, che «Sant’Agostino, uno dei luoghi più rappresentativi di Bergamo, diventi anche uno dei più visitati dai turisti e dai bergamaschi».

I vari interventi

Dal 2015, quando l’ex chiesa del complesso monastico è diventata l’Aula magna dell’ateneo (un gioiello architettonico che non finisce di stupire chi ci entra), è stato un susseguirsi di interventi per completare la riqualificazione di Sant’Agostino. Prima il restauro delle cappelle dell’ex chiesa – ha ricordato un emozionato Marco Brembilla, assessore ai Lavori pubblici – poi la decisione di trasformare il cortile del chiostro grande in un prato, da ultimo il restauro delle facciate del chiostro maggiore e il recupero di quello minore.

Obiettivo dell’ultimo intervento: avere nuove aule, uffici per i docenti, un’ampia caffetteria affacciata su Parco Sant’Agostino, e l’ampliamento della biblioteca del polo umanistico, reso possibile grazie alla chiusura del loggiato al primo piano con ampie vetrate. «Un intervento lungo e complesso, non privo di sorprese e imprevisti – ha ricordato Massimo Locatelli, responsabile dei lavori per il Comune –. Abbiamo rinvenuto sepolture medievali, resti archeologici, affreschi e un ciclo pittorico di grande interesse nella sala della biblioteca». Tutto ciò – grazie all’intesa con la Soprintendenza, ben 28 i sopralluoghi effettuati sul cantiere – non ha rallentato i lavori e ha consentito di portare a termine il progetto nei tempi previsti.

Secoli di storia sui muri

Si è trattato di un restauro conservativo – ha spiegato l’architetto Rinaldi –, il meno invasivo possibile, le tracce del tempo e delle successive stratificazioni sono state volutamente mantenute. Sui muri quel che resta di secoli di storia, rinvenuti dopo che dalle pareti sono stati rimossi diversi strati di pittura.

Dalle tracce più antiche di affreschi cinque-secenteschi sino alle scritte lasciate dai militari quando il convento divenne caserma. Tutto è stato conservato, a rammentare – ha notato nel suo intervento il professor Marco Pellegrini – come «la storia di questo complesso monastico sia fatta di errori, ferite, oltraggi e ripartenze. Ed è bello essere qui a celebrare una nuova rinascita».

«Un intervento di restauro architettonico ben fatto, un modello per un tipo di approccio ai beni culturali che sarebbe bello poter replicare nel Paese» chiosa il soprintendente, annunciando che i lavori continuano nella sala affrescata, e che le sorprese non mancheranno. E svela un sogno, nell’anno della Capitale della Cultura avviato a conclusione: «Poter aprire un percorso nel verde che colleghi l’Accademia Carrara e i suoi giardini al baluardo di Sant’Agostino. Un polmone verde nel centro della città che pochi possono vantare».

Collaborazione con il Comune

Dal rettore Sergio Cavalieri il grazie ai suoi predecessori, Stefano Paleari e Remo Morzenti Pellegrini, che hanno reso possibile il recupero del complesso nella sua interezza, e al Comune (proprietario del complesso, dato in affitto all’ateneo), «con il quale l’Università porta avanti da vent’anni una proficua collaborazione».

Il ruolo dell’ateneo è stato fondamentale nel recupero di alcuni dei principali «contenitori storici» della città, riconosce il sindaco Giorgio Gori. UniBg in questi anni ha contribuito a «rivitalizzare, oltre a Sant’Agostino, il collegio Baroni e i palazzi di via Salvecchio e Rosate (sedi di rettorato e dipartimenti umanistici , ndr), dando a questi luoghi un contenuto e una funzione nobile». Senza dimenticare i progetti a venire, leggasi ex caserme Montelungo e Colleoni, Accademia della Gdf e (forse) Reggiani.

Ma resta ancora qualcosa da fare per completare l’opera in Sant’Agostino, ha ricordato l’assessore Brembilla: «Il recupero di abside e sacrestia nell’ex chiesa, e sistemare il piazzale antistante, dal quale non sarebbe male togliere la ghiaia». Memento per la prossima giunta di Palazzo Frizzoni.

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