Sangare: «Non so perché l’ho fatto». Riconosciuta la premeditazione, i Ris a Suisio - Foto e video

IL CASO. Convalidato il fermo e disposto il carcere per Moussa Sangare, l’uomo che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni. A Suisio i Ris nell’appartamento dove viveva: sopralluogo di 5 ore. Il gip: stato mentale pienamente integro, ha scelto il bersaglio più vulnerabile. L’uomo trasferito in un altro carcere per la sua incolumità.

Alle 9 di lunedì 2 settembre si sono aperti i cancelli del carcere di via Gleno, l’uomo è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari Raffalla Mascarino e ha avuto modo di ribadire le motivazioni che lo hanno spinto, la notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi, a uccidere con quattro coltellate Sharon Verzeni.

All’interrogatorio di convalida, terminato poco dopo le 11, hanno preso parte anche il sostituto procuratore titolare dell’indagine, Emanuele Marchisio, e il suo legale di fiducia, l’avvocato Giacomo Maj. Presenti anche i carabinieri che hanno seguito le indagini.

Confermate le dichiarazioni

Moussa Sangare ha confermato le dichiarazioni già rese: accusato dell’omicidio di Sharon ha ripetuto che «non c’era un movente e - ha aggiunto - non so perché l’ho fatto». Sangare, come ha riferito il suo legale Giacomo Maj, ha detto al gip di essere uscito di casa con questa «sensazione che non so spiegare» e che lo ha spinto «a voler fare del male» dicendo però anche che «non era uscito di casa con l’obbiettivo di uccidere qualcuno». Anche in questo interrogatorio i suoi discorsi sono stati definiti «sconnessi», spesso l’uomo si è interrotto chiedendo di ripetere la domanda: il suo racconto è sembrato molto confuso.

Dalle informazioni fornite nell’interrogatorio l’uomo non saprebbe il perché avrebbe scelto Sharon: non avrebbe avuto un motivo specifico. Nelle sue parole ancora le scuse per quello che ha fatto, dicendosi «dispiaciuto» del delitto commesso

Esercitazioni con i coltelli a casa e in via Rota

Sangare ha risposto alle domande, ripercorrendo le fasi di quella notte, inoltre ha detto che nei giorni prima si era esercitato con i coltelli anche sulla statua di via Rota, a Terno - la statua della preghiera - e anche a casa con il cartonato che ha nell’appartamento. Nell’interrogatorio Sangare ha ribadito che fa uso di droghe ma che quella sera non era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: di casa è uscito con un solo coltello e sulla sua strada ha confermato di aver incontrato i due ragazzini gia indicati nel primo racconto, altre persone e poi Sharon. Dalle informazioni fornite nell’interrogatorio l’uomo non saprebbe il perché avrebbe scelto Sharon: non avrebbe avuto un motivo specifico e l’avvocato - ripetendo le parole del suo assistito - parla di «feelings, sensazioni che l’uomo che non sa spiegarsi, sensazioni che lo costringevano a pensare e a fare del male, ma imprecisamente». Nelle sue parole ancora le scuse per quello che ha fatto, dicendosi «dispiaciuto» del delitto commesso. Sangare ha confermato di aver chiesto scusa a Sharon, dopo averla colpita mortalmente.

L’avvocato di Sangare Giacomo Maj dopo l’interrogatorio di convalida. Video di Roberto Vitali

«Sangare non ha mai pensato di fuggire»

«Collaborativo per trovare l’arma»

Sull’arma Sangare ha spiegato «quelle che sono state alcune sue azioni fatte nei giorni successivi - ha continuato l’avvocato Maj -: è stato collaborativo e ha spiegato agli inquirenti dove trovare il coltello». Riguardo gli altri coltelli Sangare li ha gettati nei giorni successivi, quando ha tra l’altro modificato il manubrio della bicicletta.
E poi: «Non ha mai pensato di fuggire, è ancora frastornato: resta in una cella da solo».

«Perizia psichiatrica? Ci penseremo dopo»

Dopo l’interrogatorio l’avvocato Giacomo Maj ha spiegato: «Valuteremo per una perizia psichiatrica più avanti, le indagini sono ancora in corso. È un aspetto che considereremo più avanti» ha detto e ha risposto alle domande dei giornalisti su come ha trovato l’assistito psicologicamente: «Non sono un medico, ma credo abbia dei problemi».

Sangare è stato visitato nella psichiatria dell’ospedale del carcere subito dopo il suo ingresso, non sono state rilevate tracce di patologie, né remote né recenti. Sangare è stato trasferito in un altro carcere per la sua incolumità: al suo ingresso nell casa circondariale di via Gleno gli altri detenuti gli hanno lanciato contro delle bombolette incendiate.

Arresto convalidato

Nella tarda mattinata è stato convalidato il fermo e disposto il carcere. Lo ha deciso il gip di Bergamo Raffaella Mascarino che ha accolto la richiesta della Procura. Sangare è accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Il giudice ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari.

Il gip: stato mentale pienamente integro

«Se pure le motivazioni addotte dall’indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue può destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l’omicidio però la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto (...) e anche gli accorgimenti dei giorni seguenti evidenziano uno stato mentale pienamente integro», scrive il gip nel provvedimento con cui ha convalidato il fermo e disposto il carcere. Nella sua casa è stata trovata una sagoma di cartone con un volto disegnato con affisso un cuscino, Sangare aveva «architettato come passatempo quello di lanciare coltelli» contro la sagoma.

«Le condotte» tenute da Moussa Sangare «denotano, ferma la originaria motivazione omicidiaria, come l’indagato abbia a lungo indugiato alla ricerca del bersaglio giusto» e «più vulnerabile» che «alla fine» ha «individuato nella povera Sharon Verzeni», una «donna sola» e «intenta a guardare le stelle», scrive il gip nel provvedimento riferendosi al fatto che Sangare prima di uccidere la donna ha vagato per circa 35/40 minuti, per poi colpire «in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa». Un soggetto «assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti, in grado di scatenare nel suo animo quella scarica di adrenalina che Sangare ha cercato di descrivere, seguita da uno stato di benessere e relax».

Leggi anche
Leggi anche

«Ho voluto tenere il coltello come ricordo»

«Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo». Ha detto al gip Moussa Sangare, a proposto del coltello usato per uccidere e che, a differenza degli altri oggetti gettati assieme agli indumenti nell’Adda, ha sotterrato nei pressi dell’argine. E quando il giudice gli ha chiesto se lo voleva tenere come un «souvenir» ha risposto: «sì».

Delitto di Sharon Verzeni, i Ris a Suisio. Video di Carabinieri Bergamo

A Suisio i Ris

Nel frattempo a Suisio i carabinieri e la polizia locale hanno chiuso al traffico via San Giuliano, la strada dove risiede la famiglia Sangare e dove si trova l’appartamento occupato abusivamente da Moussa. Alle 13.30 sono arrivati i Ris che hanno effettuato un sopralluogo coadiuvati dal Reparto Analisi Criminologiche (Rac) del Racis di Roma, del Reparto Crimini Violenti del Ros e del Nucleo Investigativo Carabinieri di Bergamo. Nel corso dell’attività sono stati isolati alcuni reperti giudicati d’interesse investigativo, che saranno successivamente esaminati presso i laboratori del Ris di Parma. Come risulta dell’avviso di accertamento irripetibile, il sopralluogo è effettuato alla presenza anche del difensore di Sangare, l’avvocato Giacomo Maj. Tra gli oggetti repertati vestiti e monili, sono state campionate anche alcune tracce ed usato il luminol.

L'arrivo dei Ris a Suisio. Video di Yuri Colleoni

Presenti anche i vigili del fuoco di Bergamo oltre ai carabinieri di Treviglio con il tenente Emanuele Ruggiero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA