Retribuzioni, Bergamo è nona in Italia ma l’inflazione brucia ancora gli aumenti

LA FOTOGRAFIA. La nostra provincia si conferma nella top ten: nel 2023, 26.083 euro annui lordi nel settore privato. Gli stipendi medi cresciuti del 3,2%, il costo della vita del 4,9%. I sindacati: misure per recuperare il potere d’acquisto.

La buona notizia è che, numeri alla mano, in media gli stipendi crescono. Succede per un mix di fattori, dai rinnovi contrattuali all’aumento delle stabilizzazioni, e Bergamo si conferma nella top ten italiana: con 26.083 euro annui lordi nel 2023, è la nona provincia in Italia per retribuzione media dei dipendenti del settore privato, in linea con il recente passato.

Ma il carovita avanza

La cattiva notizia, ed è quella di cui si accorgono più concretamente i lavoratori, è che questi aumenti non bastano a tenere il passo del carovita: perché tra 2022 e 2023 – sempre in media – le retribuzioni sono aumentate del 3,2%, ma l’inflazione certificata dall’Istat in Bergamasca ha viaggiato nel frattempo al +4,9%. In altri termini: se è vero che la busta paga è più pesante, quei soldi sono stati vanificati dall’aumento dei prezzi. Anzi, proprio non sono bastati a far fronte a quegli incrementi, e si è virtualmente più «poveri» pur guadagnando di più.

La provincia di Bergamo resta una delle più attrattive per i lavoratori privati, così come la Lombardia nel complesso

La fotografia delle due velocità dell’economia diventa nitida se si affiancano gli ultimi dati dell’Inps sui lavoratori dipendenti nel 2023 ai dati ormai consolidati dell’Istat sull’inflazione nel medio periodo. La provincia di Bergamo resta però una delle più attrattive per i lavoratori privati, così come la Lombardia nel complesso: nelle prime dieci posizioni per retribuzione media (il calcolo dell’Inps è basato sull’insieme dei lavoratori privati nel corso dell’anno) ci sono infatti anche Milano (sempre al 1° posto, 34.343 euro nel 2023), Monza (2° posto, 28.833 euro), Lecco (7° posto, 26.767 euro) e Varese (10° posto, 26.059 euro), e in sostanza in Bergamasca si guadagnano circa 2.400 euro in più all’anno rispetto alla media nazionale (che si ferma a 23.662 euro). Qualcosa come 200 euro lordi in più al mese.

«Forbici» e richieste

Il tutto, ovviamente, con delle differenze a seconda delle qualifiche, del settore, dell’anzianità. Gli operai – definizione dell’Inps che comprende chi è assunto con le qualifiche più basse: vale anche per il commercio e per i servizi, non solo per la manifattura – hanno guadagnato in media 21.652 euro, gli impiegati salgono a 28.386 euro, i quadri a 72.059 euro, i dirigenti a 153.563 euro. Anno dopo anno, la forbice sociale presenta ampiezze diverse, nel 2023 sono cresciute maggiormente le retribuzioni degli impiegati (+3,8%) e dei quadri (+3,1%), mentre quelle degli operai (+2,6%) hanno avuto un andamento più lento, e dunque sono risultati ancor più penalizzati dalla corsa ben più rapida dei prezzi; stabili, anzi leggermente all’indietro (-0,5%), le retribuzioni dei dirigenti.

Toscano (Cgil): «L’inflazione cumulata nel corso degli ultimi anni è pesante, uno dei primi obiettivi deve essere questo recupero».

I numeri recenti proiettano lo sguardo dei sindacati verso il futuro, verso le richieste per sostenere il potere d’acquisto di lavoratori e famiglie. Marco Toscano, segretario generale della Cgil bergamasca, mette al centro «l’importanza di rinnovi contrattuali puntuali che determinino un reale recupero del potere d’acquisto: l’inflazione cumulata nel corso degli ultimi anni è pesante, uno dei primi obiettivi deve essere questo recupero». Perché il tema di fondo è noto, «l’Italia non ha visto crescere i salari reali negli ultimi trent’anni – ribadisce Toscano –. Preoccupa molto l’estensione del lavoro povero e l’alta incidenza del part-time, soprattutto quando non è una scelta ma viene subito dal lavoratore o dalla lavoratrice (il part-time incide soprattutto tra le donne, ndr). In mezzo a tutto questo, ci sono spese che stanno diventando insostenibili: quelle per la sanità e la salute, per le visite private a fronte dei tempi d’attesa nel pubblico, per gli asili nidi. Siamo di fronte a un’impennata inflattiva che non si è ancora fermata».

Corna (Cisl): «Negli ultimi tempi si è giunti ad accordi importanti, dai metalmeccanici al commercio e fino al pubblico, ora c’è da lavorare anche sulla contrattazione integrativa aziendale».

La contrattazione è il pilastro su cui poggia l’azione del sindacato, pur nella complessità di certi meccanismi: «A volte, il ritardo con cui si è giunti al rinnovo ha fatto sì che si ottenessero degli aumenti quando l’inflazione aveva già iniziato a scendere – riconosce Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo -. Dove però i contratti sono stati rinnovati, l’aumento è stato reale: negli ultimi tempi si è giunti ad accordi importanti, dai metalmeccanici al commercio e fino al pubblico, ora c’è da lavorare anche sulla contrattazione integrativa aziendale».

La Legge di bilancio

Quanto alle novità della Legge di bilancio, è «positiva la conferma strutturale del taglio del cuneo: non è un aumento reale dei salari, ma il lavoratore paga meno tasse e dunque ha maggiori entrate – spiega Corna -. È però anche vero che in alcuni settori persiste il problema dell’evasione, dimostrata da dipendenti che dichiarano redditi più alti rispetto ai datori di lavoro, così come resta la criticità dei “contratti pirata”», quelli sottoscritti da sigle sindacali e datoriali poco rappresentative, con condizioni più svantaggiose per i lavoratori e concorrenza sleale ai danni delle imprese virtuose.

La geografia delle retribuzioni mostra ancora un’Italia spaccata tra Nord e Sud: «Da tempo sosteniamo la necessità che al Nord, dove la vita è più cara, si mettano a punto benefici specifici – conclude Corna –, per esempio in termini di affitto e welfare, per favorire il potere d’acquisto dei lavoratori».

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