Referendum, l’analisi a Bergamo -mappe
Il Sì coi moderati, il No dei 5 Stelle

«Ci piace raccontare storie con i numeri», è il motto di Twig, la società di analisi dati che parla bergamasco. Che storia raccontano i risultati del referendum costituzionale di domenica? Di una Bergamo in controtendenza rispetto al panorama nazionale.

Non solo la Città dei Mille (da non intendersi come i mille giorni del governo Renzi) è tra le poche realtà lombarde dove il «Sì» vince, ma qui il fronte pro-riforma si afferma sfiorando il 53%, superando addirittura la «rossa» Bologna, ferma al 52,5%.

A cosa è dovuta la netta affermazione? In aiuto, per districarsi nella giungla dei flussi elettorali (ovvero nell’analisi di ciò che è successo nelle 103 sezioni cittadine, prese in esame una a una), arriva Aldo Cristadoro. Il data manager di Twig srl fa una prima valutazione: «Il risultato particolare di Bergamo – spiega – è dovuto al fatto che il fronte del Sì sia stato “espansivo”: da una parte è riuscito a tenere metà dei voti della sinistra radicale, che nel resto d’Italia ha avuto un orientamento consistente verso il No; dall’altra, soprattutto, ha fatto il pieno dei voti moderati, penetrando anche nell’elettorato di Forza Italia. Solo Lega e 5 Stelle sono rimasti granitici sul No».

DOVE HA VINTO IL NO E IL SI’

Il dettaglio dei partiti

Guardando il dettaglio dei voti, infatti, partendo dal lato centrosinistra, risulta che il 77% degli elettori del Pd si è attenuto alle indicazioni del partito e del leader; la sinistra, invece, si è quasi spaccata a metà, con un 54% andato sul Sì, e il resto diviso tra No (28%) e non voto (18%). Sono i moderati che arrivano a dare man forte al governo: Ncd e Scelta civica convergono sul Sì per l’89%, ma anche un terzo dell’elettorato dei berluscones (36%) alla fine opta per il Sì (il 56% vota No, l’8% si astiene). Come si diceva, gli irriducibili del No portano la bandiera di Lega e Fratelli d’Italia (64%) e dei 5 Stelle (80%), i più «duri e puri», quindi, nell’antirenzismo.

Città vs provincia

Anche nel locale si conferma la tendenza nazionale, cioè una frattura (in un certo senso storica) tra il capoluogo, in genere sempre più progressista, e la «periferia». In provincia, infatti, il No si è imposto con il 55,6%. «In città, quindi – aggiunge Cristadoro – il centrosinistra esce in salute dal referendum, confermando tutto l’elettorato delle Europee 2014, quando raggiunse il massimo storico». Il dato può essere interpretato come una promozione dell’operato dell’amministrazione di Palafrizzoni? «Il collegamento non è così diretto – sostiene l’esperto di metodologia di ricerca sociale –, ma si può dire che il voto sia stato un riconoscimento della capacità di leadership del sindaco, che è stato protagonista della campagna elettorale. Il suo rapporto con la città, più da leader politico che da amministratore, esce rafforzato, è come se si stesse saldando».

Nella prima mappa, la mappa del No: dove il colore blu è più intenso il No ha ottenuto le percentuali maggiori. Basta scorrere con il mouse sui paesi per visualizzare le percentuali. Nella seconda, ecco i dati del Sì. Dove il rosso è più intenso il Sì ha ottenuto le percentuali più alte

L’altra frattura che si registra, a Bergamo come nel resto del Paese, è quella generazionale, con i «senior» più favorevoli al Sì rispetto ai giovani. «Lo zoccolo duro dell’elettorato del Pd – Cristadoro traccia l’identikit – è over 65 e ha una visione molto tradizionalista. I giovani, invece, sono più attratti dalla proposta di rottura offerta da Grillo o da Salvini». Le parole «cambiamento» e «futuro» - cavalli di battaglia del fronte del Sì - non hanno fatto quindi breccia tra le nuove generazioni.

Pd e leadership

Se per il Pd quella raccontata dal referendum è una storia di profonda delusione (non si aspettava una sconfitta così pesante), il partito, comunque, si conferma ancora baricentrico rispetto al sistema, avendo la maggioranza in Parlamento e nel Paese. «È stato un voto di tutti contro Renzi più che di tutti contro il Pd, che mantiene il suo 40%. Dall’altra parte c’è il 60% (30% 5 Stelle, 30% centrodestra), ma è un fronte variegato, che bisognerà vedere come riuscirà a capitalizzare questa vittoria». Il problema per il Pd, più che altro, sarà sopravvivere a questa sconfitta, per le lotte intestine e per la sintonia perduta col Paese. «Più per ragioni personali, che per contenuti», chiosa Cristadoro. La personalizzazione del voto, infatti, è stato il peccato originale più pesante.

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