Redditi più alti, ma se li mangia l’inflazione. Gorle, Mozzo e Bergamo sul podio

I DATI. Crescono le dichiarazioni, ma non riescono a stare al passo con il carovita. Il capoluogo conquista il terzo gradino tra i Comuni più ricchi. E i «paperoni» aumentano.

Più «ricchi»? Sì, ma solo sulla carta. Le statistiche certificano l’esperienza quotidiana nel far quadrare i conti del bilancio familiare: i redditi non riescono a tenere il passo della corsa dei prezzi, così il valore reale di stipendi e pensioni è sempre più eroso dall’inflazione. I nuovi dati del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2023, e dunque riferite all’anno d’imposta 2022, raccontano la doppia velocità dell’economia anche in Bergamasca. Che da un lato, almeno in valore assoluto, continua a correre dopo il crollo pandemico: nel 2022 il reddito medio dei contribuenti della provincia di Bergamo è salito a 23.788 euro (tutte le cifre sono da intendersi lorde), cioè 977 euro in più dei 22.811 euro del 2021. È come se ci si fosse messi in tasca una mezza mensilità lorda in più, ma vanificata da quel che è accaduto nella dinamica i prezzi.

La forbice con l’inflazione

Appunto, i redditi – quindi gli stipendi, le pensioni ed eventualmente altre fonti di entrate, come i proventi dagli affitti o da altre attività – non tengono il passo dell’inflazione: perché nel 2022 i redditi dei bergamaschi sono appunto aumentati del 4,3%, ma in quello stesso anno – segnato dall’invasione russa in Ucraina e dall’esplosione dei prezzi, energia in primis – l’inflazione in Bergamasca era stata del 6,8%. Traduzione concreta: il «guadagno» in busta paga è stato illusorio, immediatamente divorato dall’inflazione. Mai, nel recente passato, s’è appunto osservata una forbice così ampia. Incrociando i dati dell’Istat sull’andamento dei prezzi, emerge infatti come nel 2022 l’inflazione in Bergamasca sia stata di 2,5 punti percentuali superiore all’incremento dei redditi. In proporzione, l’impatto dell’inflazione è stato persino più forte delle conseguenze economiche del Covid: nel 2020 a Bergamo i redditi erano sì diminuiti del 2,5%, ma l’inflazione a Bergamo era stata negativa (-0,5%), così da consegnare un combinato disposto che aveva fatto perdere «solo» il 2% al potere d’acquisto. Nel 2022, come visto, la perdita è stata ancora di mezzo punto superiore.

L’ultimo aggiornamento diffuso dal Mef sui redditi – e rielaborato da InTwig, società bergamasca di data intelligence – consente di entrare nel dettaglio della Bergamasca. La ricchezza si concentra sempre tra città e hinterland, mentre le valli restano in sofferenza. Gorle si conferma il «comune paperone» con un reddito pro capite di 31.942 euro (+1,6% sul 2021, 517 euro in più), seguito da Mozzo a quota 31.895 euro (+4,3%, 1.310 euro in più); c’è però un cambio sul terzo gradino del podio, ora appannaggio di Bergamo città, perché il capoluogo sale a 30.512 euro (+4,9%, 1.421 euro in più). Peraltro, Bergamo si conferma il terzo capoluogo italiano col reddito più alto: solo Milano (35.282 euro) e Monza (31.362 euro) fanno meglio. Agli antipodi ci sono le aree interne: è Cassiglio a chiudere la classifica provinciale dei redditi (15.295 euro), preceduto da Blello (15.503 euro) e Vedeseta (15.543 euro) sul «podio al contrario». È però nelle valli che si concentrano i migliori exploit, segnali di speranza contro la «desertificazione»: in proporzione, infatti, nell’ultimo anno i redditi sono cresciuti più velocemente a Valleve (+22,4%, da 14.463 a 17.708 euro), Fuipiano Valle Imagna (+14%, da 14.993 a 17.086 euro) e Colere (+12,7%, da 18.679 a 21.051 euro). Scanzorosciate è invece il comune con l’arretramento maggiore (-9,4%, da 29.216 a 26.474 euro), pur rimanendo nella top ten dei comuni più ricchi.

Il boom dei «paperoni»

Su 822.954 contribuenti, le fasce di reddito più rappresentate in terra orobica sono quelle tra 15-26mila euro (274mila bergamaschi hanno entrate di questa entità) e tra 26-55mila euro (230mila persone): il 61% dei bergamaschi è in sostanza nella grande fascia del ceto medio (medio-basso o medio-alto a seconda dello scaglione che si prende in considerazione). Se l’ossatura della Bergamasca resta quella composta dal ceto medio, la ricchezza lievita tra i «paperoni»: nel 2022 sono stati 9.839 i bergamaschi che hanno dichiarato più di 120mila euro (2.754 dei quali residenti in città), con un balzo del 14,6% rispetto al 2021, dopo che già nel 2021 erano cresciuti del 21,3%. È l’escalation della ricchezza. Da queste entrate deriva anche la «linfa» dell’economia pubblica: l’imposta netta legata ai redditi, l’Irpef, vale quasi 3,8 miliardi in Bergamasca, a cui si aggiungono 269 milioni di euro di addizionale regionale e altri 122 milioni di euro per le addizionali comunali.Elemento interessante, nonché segno di una vivacità economica e di un coinvolgimento crescente nel mondo del lavoro, è il costante aumento del numero dei contribuenti, cioè di chi dichiara un reddito: «Nel 2022 in Bergamasca i contribuenti sono cresciuti dell’1,8%, contro un dato nazionale del +1,3% – interviene Orazio Amboni, responsabile del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo –. Il numero dei contribuenti aumenta più della dinamica demografica: fatto 100 il numero di contribuenti e di residenti maggiorenni nel 2014, nel 2022 i contribuenti sono aumentati di 7,7 punti mentre la popolazione è aumentata di 3 punti».

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