Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 13 Gennaio 2025
Quella nevicata incredibile, una magia lunga 40 anni - Le foto
L’ANNIVERSARIO. Tra il 13 e il 17 gennaio 1985 una precipitazione eccezionale imbiancò città e provincia.
I primi fiocchi iniziano a scendere durante Atalanta-Sampdoria, la partita più fredda di sempre a Bergamo, non per lo 0-0 finale ma per i -5 gradi registrati. Da quella domenica pomeriggio del 13 gennaio 1985 seguono 72 ore ininterrotte di neve, con la coltre che raggiunge tra i 70 e i 90 centimetri.
Da quella domenica pomeriggio del 13 gennaio 1985 seguono 72 ore ininterrotte di neve, con la coltre che raggiunge tra i 70 e i 90 centimetri
Un batuffolo dietro l’altro, come i ricordi, che a distanza di 40 anni da quell’evento eccezionale che imbiancò città e provincia, rendono più dolci anche i disagi che pure ci furono. Perché la neve «possiede il segreto di ridare al cuore un alito di gioia infantile», e così nei racconti di chi c’era ( arrivati come una valanga sui canali social de L’Eco ) prevale la gioia di un «tempo sospeso» che resta unico. Scuole e (tante) aziende chiuse, trasporti a singhiozzo, tutti a spalare, compresi i militari delle caserme cittadine, in una solidarietà che scatta tra vicini di casa come tra sconosciuti. I rumori ovattati, mise improponibili, con vecchi scarponi e cappelli di lana tirati fuori dagli armadi, pupazzi e palle a scatenare i bambini (e non solo). Per chi non c’era - e per chi è cresciuto nell’era del «climate change» (con il 2024 che è stato certificato come l’anno più «tropicale» degli ultimi 31) - lo scenario richiede uno sforzo di immaginazione. Soprattutto in città, dove sfrecciare con le slitte dalla Fara o da via Monte Ortigara in centro effettivamente suona un po’ come una favola. Eppure fu così.
«Avevo sei anni e mezzo e mi sembrava di essere in una fiaba – ricorda Lucy di Brignano –. Affondavo i miei piedini nella neve tutta felice, mentre camminavo verso il centro con mio papà. La nevicata aveva poi costretto tutti a casa, la famiglia riunita, una lenta e splendida giornata. Ho fatto il mio primo pupazzo, con carota per il naso e bottoni per gli occhi». Anche Maria Grazia di Osio Sopra, che allora aveva 11 anni, parla di «giornate che passavano lente tra giochi e slittino, compiti e cioccolate calde, e quei tonfi, quei rumori sordi di neve, che cascava dai tetti e dagli alberi». Il senso di sospensione e isolamento che però non metteva paura. «Semmai era una magia che sapevamo essere unica». Anche chi in quei giorni, tra mille difficoltà, doveva andare a lavorare, a distanza di 40 anni la prende con più filosofia. «Andavo a piedi al lavoro, incamminandomi verso le 5. La gente faceva fatica a camminare e a rimanere in piedi, ma lo spettacolo era incredibile», racconta Silvia di Grumello del Monte, allora ventenne. Giorgio Magri, invece, da Grone doveva portare la moglie all’ospedale di Trescore per il turno delle 6: «Ho iniziato a spalare la neve alle 4 e ho liberato il passaggio dopo un’ora e mezza. Sulla statale 42 la neve era diventata ghiaccio, le buche erano profonde e il fondo dell’auto sbatteva continuamente. Alla fine si era sfondata in molti punti e dovetti cambiarla. Un’esperienza che non dimenticherò mai».
La grande nevicata del 1985
Le foto della grande nevicata che nel gennaio del 1985 che paralizzò Bergamo e tutta la provincia.
Sotto la neve nuovi amori
Sotto la neve sono nati anche nuovi amori e nuove vite. «Mia moglie era agli ultimi giorni di gestazione – scrive un papà che si definisce “ormai vecchio e nostalgico” –, noi uomini salivamo sui tetti per spalare la neve e io in giardino avevo ricavato, nell’immensa neve, un seggiolone, perché mia moglie potesse riempirsi gli occhi di quello spettacolo bianco. Mia figlia è praticamente nata sotto la neve». C’è chi dovette rinunciare alla licenza da militare come Andrea Forlini di Treviolo: «Ero trasmettitore a L’Aquila, avvisai mia madre che stavo per tornare ma mi disse: “Stai lì, perché qui è tutto bloccato”. Con tristezza dovetti rassegnarmi. La combinazione volle però che nel 2016 incontrai una ragazza, che poi divenne la mia compagna, nata proprio il 16 gennaio del 1985. È nata in casa, perché per l’abbondante nevicata la madre non riuscì a raggiungere l’ospedale. Per fortuna ci fu l’aiuto di una vicina infermiera». C’è anche chi conserva ancora dei «cimeli» di quell’indimenticabile avventura: «Il giorno che chiusero la scuola, mentre tornavo, vidi tra la neve un ombrellino e lo raccolsi. Lo conservo in ufficio e ancora oggi, sebbene un po’ arrangiato, svolge la sua funzione», ammette Umberto Gamba.
Gli «strascichi» della «nevicata del secolo» durano settimane. Il 27 gennaio, in occasione di Atalanta-Juventus, la società fa un appello ai tifosi per spalare il campo, di nuovo ingombro per un’altra nevicata. I cumuli ai bordi delle strade, alti anche metri, si sciolgono lentamente, ma la frenetica quotidianità riprende in fretta il sopravvento. Anche dopo 40 anni però - ne sono prova le tante testimonianze ricevute da L’Eco - cova la nostalgia di quella meraviglia soffice, la neve fredda che seppe scaldare.
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