Processo Ubi, proseguono le difese: «Nemici inventati e prigionieri innocenti»

Nell’udienza di martedì 25 maggio le difese hanno chiesto l’assoluzione per Sciarrotta, Invernizzi e Baglioni. «Deleghe in bianco, non si è indagato sulle liste Resti e Jannone».

«L’inchiesta è partita dagli esposti di Jannone e si è basata su presunzioni infondate. L’accusa il nemico se l’è creato, ma non esiste: ha fatto prigionieri degli innocenti». L’avvocato Giovanni Paolo Accinni infarcisce la sua arringa di metafore per cercare di smontare il capo di imputazione sulle illecite influenze sull’assemblea 2013 (la lista di Andrea Moltrasio, è l’accusa, avrebbe vinto grazie all’apporto illegittimo di deleghe in bianco), in merito al quale il pm Mandurino ha chiesto 14 mesi per il suo assistito, Enrico Invernizzi, referente delle operazioni assembleari per Banca popolare commercio e industria, uno dei 31 imputati al processo Ubi. Il pm, per il legale, «ha scambiato lucciole per lanterne, ossia ha scambiato la partecipazione massiva all’assemblea 2013, che era lo scopo della macchina organizzativa messa in moto da Ubi, per illecite influenze». «Capitalismo di relazione fatto nei salotti, pratica che può non piacere, ma che non ha rilevanza penale», graffia Accinni.

«È stata una indagine gravemente unidirezionale», aggiunge, in cui pm e Gdf hanno avuto una visione parziale, da «sentinelle che scrutano da una feritoia, guardando solo quello che possono vedere», e cioè analizzando solo i voti per la lista vincente. «Manca la ragionevole certezza che i voti per le liste 2 e 3 si rivelino genuini». Che anche le altre liste abbiano brigato con le deleghe si arguisce - per il legale - da diversi elementi. Dai diari di Lucchini, in cui si legge che l’ex dg Masnaga e i suoi uomini «avrebbero raccolto sacchi di deleghe, almeno 1.000/1.500». Dalle perquisizioni in cui furono trovate «deleghe in bianco a favore della Lista 3 (Resti, ndr)». Da una mail tra Masnaga e il vicepresidente dell’associazione di minoranza «Ubi, banca popolare!» Francesco Massetti in cui si sprona: «Continuiamo con l’operazione deleghe “white” (bianco in inglese, ndr)». Da Osvaldo Ranica, successore di Masnaga, che alla vigilia dell’assemblea gli avrebbe confidato di aver in mano 4.000 voti. Accinni cita pure i delegati venuti a testimoniare in aula, tutt’altro che pilotati per Moltrasio: c’è chi votò per la lista 3, chi decise al momento, chi a caso, chi per campanilismo, chi perché convinto dagli interventi in assemblea.

«La raccolta di deleghe in bianco, laddove c’è stata, è da attribuire agli operatori», spiega il legale accennando a una testimonianza in cui i direttori di filiale sono tacciati di leggerezza per non aver controllato i sottoposti a diretto contatto coi soci. «Invernizzi - conclude - va assolto: era un mero dipendente, avesse vinto un’altra lista, non sarebbe cambiato nulla per lui. Comunicava quanti soci sarebbero andati in assemblea perché la logistica fosse adeguata. Si occupava di sedie, altro che capovolgere illecitamente il rapporto di maggioranza».

Per Gian Paolo Del Sasso, difensore di Giuseppe Sciarrotta, ex direttore degli affari societari (14 mesi la pena invocata), «in fase di indagini preliminari si è ascritta grande credibilità a Jannone, la Gdf lo ha seguito in tutto e per tutto». Quando in una causa civile tra Ubi e Jannone, la banca nomina consulente tecnico Sciarrotta, quest’ultimo «diventa nemico giurato di Jannone». Che, sostiene Del Sasso, torna dagli inquirenti a parlare del ruolo fondamentale di Sciarrotta, finito così indagato come referente nazionale della gestione del libro soci, «figura che non esiste». In merito alle deleghe in bianco «qualche scivolone c’è stato per tutte le 3 liste, perché alle assemblee dove c’è competizione, non solo quelle delle banche, si fa propaganda legittima, ma qualcuno si spinge oltre». Il legale ha invocato l’assoluzione, così come ha fatto Carlo Paliero per Gemma Baglioni, responsabile della raccolta deleghe per la derivazione bresciana di Ubi (14 mesi la richiesta di pena).

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