Ozono, già 72 giorni fuorilegge. A Bergamo va la maglia nera

IN LOMBARDIA. Quest’anno le giornate di sforamento sono quasi il triplo rispetto al limite consentito. Ruzzini: «Serve un regolamento più strutturale».

È una delle tante voci dell’inquinamento, e la sintesi è nota: la qualità dell’aria resta critica. Vale anche se si prende come indicatore l’ozono (O3), tipico dell’estate perché la reazione chimica che ne è all’origine è catalizzata dalla luce solare: quest’anno Bergamo è il capoluogo lombardo con i dati peggiori, visto che ha sforato i limiti per 72 giorni. Quasi il triplo rispetto ai 25 giorni di «tolleranza» concessi durante l’anno, secondo la fotografia scattata da Legambiente Lombardia sulla base dei dati dell’Arpa aggiornati fino al 3 settembre: l’obiettivo (e limite di legge) per la protezione della salute umana è fissato a 120 microgrammi come massima media oraria nelle 8 ore di picco diurno, e Bergamo ha varcato l’asticella troppe volte.

La situazione peggiore a Bergamo

«La pianura padana spicca tra gli hotspot europei per le elevate concentrazioni di ozono a causa dei suoi precursori, in particolare degli inquinanti da traffico e dal metano, determinato della fortissima concentrazione di allevamenti», spiegano da Legambiente Lombardia, rilevando come a oggi «il numero di giorni di superamento nei capoluoghi lombardi è mediamente tra il doppio e il triplo del valore obiettivo, con la situazione peggiore a Bergamo e la meno peggio a Pavia».

Un problema sottovalutato

Bergamo è appunto prima con 72 giornate di sforamento, seguita da Lecco (59) e Brescia (58)

Per Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia, «l’inquinamento estivo da ozono è un problema fortemente sottovalutato. Eppure, la pianura padana è l’area europea che maggiormente espone i suoi abitanti agli effetti tossici di questo gas estremamente nocivo. Urge un impegno istituzionale, di cui fino ad ora non vediamo traccia, per la riduzione degli inquinanti che sono all’origine dell’accumulo atmosferico di ozono, ed in particolare del suo precursore più abbondante, il metano, che deriva dall’eccessiva concentrazione di allevamenti intensivi nella pianura lombarda».

Bergamo è appunto prima con 72 giornate di sforamento, seguita da Lecco (59) e Brescia (58), poi Lodi (53), Milano (52) e Monza (52), quindi Varese (49), Como (47), Cremona (48), infine Mantova (36) e Pavia (35), mentre solo Sondrio non ha mai registrato sforamenti.

«Al lavoro sul regolamento»

Dati riferiti alle città, ma che ovviamente sono la sommatoria di dinamiche territoriali più ampie. «La qualità dell’aria è un tema rilevante – sottolinea Oriana Ruzzini, assessore all’Ambiente del Comune di Bergamo –. Anche per questo stiamo ragionando su nuove azioni: ad esempio, stiamo lavorando per passare dalle ordinanze fatte anno per anno a un regolamento più strutturale, per provare a mettere in campo azioni più incisive, meglio comunicate, che arrivino in maniera capillare e con una capacità di controlli».

«La mobilità incide, a Bergamo si riversano flussi importanti dalla provincia»

I campi d’azione sono molteplici: «Il tema della mobilità incide, anche perché Bergamo è una città su cui si riversano flussi importanti dalla provincia: anche per questo sarebbe utile una normativa regionale che non differenzi i limiti sulla base dell’ampiezza dei Comuni – ribadisce Ruzzini –. Sul tema delle caldaie c’è un lavoro importante legato al teleriscaldamento. Si vuole poi attenzionare in maniera puntuale l’impatto dell’aeroporto, anche con l’ausilio di una centralina dell’inquinamento ambientale che stiamo per posizionare al centro sportivo di Colognola, dove già ora c’è la centralina mobile per il monitoraggio test di Arpa. Gli ossidi di azoto, prodotti anche dai motori degli aerei, si propagano nella stratosfera portando ad un assottigliamento dello strato di ozono. Negli strati bassi dell’atmosfera la concentrazione di ozono può aumentare a seguito di reazioni chimiche tra ossidi di azoto e composti organici volatili, reazioni favorite dalle alte temperature estive: sono processi dannosi per la salute umana, effetti secondari dell’inquinamento che meritano approfondimenti e monitoraggi per puntare a ridurre le emissioni».

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