Non solo auto di lusso, anche utilitarie
Ecco quanto peserà la nuova ecotassa

Autosalonisti sul piede di guerra: «Vendite giù del 20%. Colpite anche le vetture medie e non sarà favorito l’acquisto delle elettriche, ancora troppo costose».

Mille e rotti euro in più, su una Ferrari l’Ecotassa pesa come un optional. Ma su una Fiat 500 L cross, prezzo di listino 20 mila euro, i 1.100 euro di balzello «ecologico» possono fare la differenza. La nuova (e definitiva) versione dell’Ecotassa non soddisfa gli operatori del settore che denunciano un provvedimento «fatto in fretta e furia che inciderà negativamente – sbotta Loreno Epis, presidente del gruppo autosalonisti Ascom Bergamo e consigliere nazionale Federmotorizzazione, che da giorni segue la saga dell’Ecotassa –. Sul nostro territorio abbiamo stimato un calo delle vendite tra il 10 e il 20%. Ricordiamo che rispetto al 2017 già registriamo un calo tra il 5 e il 10%».

Il maxi emendamento approvato dal Senato prevede che chi da marzo 2019 (e fino al 31 dicembre 2021) immatricolerà auto con emissioni di anidride carbonica sopra i 160 grammi al chilometro dovrà pagare. Il provvedimento, riveduto e corretto, anche dopo l’alzata di scudi degli addetti ai lavori, mantiene gli incentivi dai 1.500 ai 6 mila euro sulle auto con emissioni di Co2 fino a 70 grammi per chilometro (e prezzo di listino inferiore a 50 mila euro, Iva esclusa). Il principio è del «chi più inquina più paga». Tra i 161 e i 175 grammi prodotti, il balzello è di 1.100 euro: in questa fascia troviamo modelli come la Fiat Tipo o Doblò, o ancora Ford Focus o l’Alfa Romeo Giulietta, un pelo sopra le utilitarie «da battaglia», come la Fiat Panda, inizialmente colpita dall’Ecotassa ma poi «salvata» dall’imposta. Il meccanismo è progressivo, al crescere delle emissioni: dai 176 ai 200 g/Km l’importo è di 1.600 euro, dai 201 ai 250 è di 2 mila euro e oltre i 250 grammi, 2.500 euro.

L’Ecotassa tocca auto «formato famiglia» come la Dacia Duster, Lodgy e Dokker Gpl, la Suzuki Jimny, la Ford Kuga. A differenza di quanto annunciato con la revisione del provvedimento, a mettere mano al portafoglio non saranno soltanto i futuri proprietari delle auto di lusso (Jaguar, Ferrari, Porsche, Bmw…), le cosiddette «supercar». Che a Bergamo e provincia sono un numero limitato. Da gennaio a ottobre 2018 sono state vendute 152 Porsche, 50 Maserati, 107 Lexus, 119 Jaguar. Rimarca il dato sull’elettrico Loreno Epis, «in tutto risultano vendute solo 4 Tesla». E non a caso il presidente del gruppo autosalonisti Ascom mette in relazione i dati del diesel-benzina con l’elettrico. «Questa tassa è stata pensata per colpire le auto inquinanti e favorire quelle elettriche, ma non sarà così – commenta –. I costi sono ancora troppo alti, una Smart elettrica costa intorno ai 30 mila euro, e mancano le colonnine di ricarica. Dobbiamo essere obiettivi». Epis denuncia una manovra approssimativa: «Si voleva colpire la fascia alta e sono state tolte le auto più “piccole”. Ma l’Ecotassa riguarda ancora molte auto “medie” che si usano per lavorare o per la famiglia, come i modelli Fiat dai 14 ai 20 mila euro. È stato preso il criterio dei microgrammi senza valutare davvero le ricadute reali. Per questo da tempo sostengo la necessità di istituire un tavolo tecnico al ministero. Proprio dopo il pressing esercitato dagli operatori, siamo riusciti a far inserire degli incentivi per chi radia la vecchia vettura, così si possono davvero togliere dalla strada le auto inquinanti».

L’imprenditore Paolo Ghinzani, del direttivo Concessionari Ascom e titolare della «Cittadella dell’Auto» con sede in città e provincia, prevede cupi scenari sul settore dell’auto. «È una manovra sbagliata, che non porterà più soldi nelle casse dello Stato – esordisce Ghinzani –. Molta gente deciderà di acquistare auto più piccole non interessate dall’Ecotassa per pagare meno, anche di bollo. Così lo Stato incasserà meno Iva e con meno guadagno dalla vendita delle auto, meno tasse dalle imprese. Già il Governo Monti fece un’operazione del genere, tassando le auto superpotenti: il gettito si ridusse da 170 milioni di euro a 60 milioni». Ghinzani chiede che il problema delle auto inquinanti venga affrontato diversamente: «In Italia girano 42 milioni di auto, di cui 15 milioni circa inquinanti secondo le norme – va dritto ai numeri l’imprenditore –. Basterebbe investire su queste vetture, incentivando la loro sostituzione. Lo sbaglio di base sta proprio qui».

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