Nell’ultimo mese stroncati 36 mini focolai
Da metà agosto trend stabile - Infografica

In provincia di Bergamo il tracciamento dei vacanzieri di rientro da Paesi a rischio ha funzionato. I dati mostrano un andamento dei contagi senza crescite significative.

Nell’ultimo mese in provincia di Bergamo sono stati stroncati sul nascere 36 focolai di coronavirus. Prima di allarmarsi leggendo la parola «focolaio» è doverosa una spiegazione: l’Istituto superiore di sanità utilizza questo termine in presenza di «due o più casi positivi tra loro collegati». Il «collegamento» tra i casi è la parola chiave. Prima si interviene, prima si riesce ad evitare che il contagio si diffonda in modo esponenziale come avvenuto tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. In quelle settimane - senza controlli, misure di protezione individuale e limitazioni dei movimenti - il coronavirus ha avuto massima libertà. Tutti conoscono i drammatici esiti dell’improvvisa ondata.

Prima il lockdown, poi il massiccio utilizzo di mascherine, gel igienizzante e distanziamento, a cui va aggiunto anche un aumento dei tamponi, sono stati fondamentali per mantenere sotto controllo la trasmissione del virus. I dati pubblicati nel report settimanale realizzato dalla Protezione civile lombarda in collaborazione con tutte le Ats del territorio confermano che la Bergamasca è tra le province che meglio riescono ad arginare i focolai. Anzi, sarebbe meglio definirli «mini focolai», perché proprio grazie all’intervento del sistema di sorveglianza di Ats nell’ultimo mese si è riusciti a scovare i positivi e a isolarli prima che diffondessero il contagio.

Complessivamente sono stati individuati 36 mini focolai, tutti in ambito famigliare e legati alle vacanze all’estero. Otto, di tipologia famigliare, sono ancora attivi e «risultano collegati ai viaggi all’estero - si legge nel report regionale - in Croazia, Ucraina, Malta, Francia, Grecia e Spagna». Non è un caso che venga citata anche la Francia. Pur non essendo tra i Paesi per cui è previsto il tampone obbligatorio entro 48 ore dal rientro in Italia, Oltralpe i contagi sono aumentati vertiginosamente nelle ultime settimane. Com’è la situazione nelle altre province lombarde? I casi che meritano attenzione sono Brescia, con 44 focolai attivi (di cui 32 nuovi), Monza e Brianza con 38 focolai attivi, Varese, dove sono stati trovati 39 focolai, e Como con 30. Rispetto alla Bergamasca, dove tutti i contagiati sono stati trovati in ambito famigliare, nelle altre province stanno emergendo positivi anche nei luoghi di lavoro.

I risultati del monitoraggio di Ats Bergamo si possono valutare attraverso alcuni indicatori. Il primo è l’andamento dei nuovi positivi. Non con l’ormai inutile «oggi contagi su, oggi contagi giù», ma con un’analisi del trend. Da un mese la curva bergamasca è stabile: la media mobile a sette giorni non evidenzia impennate nonostante l’aumento del numero dei tamponi dovuto allo screening dei vacanzieri.

Anche la prima settimana di scuola non ha causato, come molti temevano, una crescita dei positivi. I mille test eseguiti agli studenti hanno portato alla scoperta di (soli) cinque nuovi casi effettivi. E tra l’altro tutti asintomatici. Il grafico settimanale degli ultimi tre mesi mostra un percorso lineare: dopo il netto calo di agosto, dovuto soprattutto a riduzione del numero di tamponi, l’andamento si è assestato su circa 100 casi a settimana. Negli ultimi sette giorni sono stati 93.

Il secondo indicatore utile per capire a che punto è l’epidemia è il numero dei bergamaschi in sorveglianza attiva, cioè monitorati da Ats e bloccati a casa prima del tampone negativo. Si dividono tra persone in isolamento e in quarantena. Non è la stessa cosa. «In isolamento» vengono posti i malati di Covid-19, mentre la quarantena vale per i loro contatti, anche non malati, che potrebbero sviluppare la malattia. Per evitare che trasmettano il virus da asintomatici non possono uscire di casa. Il 24 agosto i bergamaschi monitorati erano 539, divisi tra 254 casi effettivi e 285 contatti. L’ultimo aggiornamento, confermato da Ats venerdì 18 settembre, dice che adesso in tutta la provincia ci sono 276 casi positivi e 301 contatti. Un leggero aumento dovuto - come già detto - alla campagna di screening di chi rientra da nazioni considerate a rischio.

Gli altri dati fondamentali sono quelli che arrivano dagli ospedali: ricoverati, terapie intensive e decessi. Su questo fronte già da due mesi i numeri dicono che siamo ormai lontani dal periodo emergenziale, segnale che il sistema sanitario combattendo il virus il modo efficace. A marzo il 30% delle persone finite in terapia intensiva non ce l’ha fatta, adesso invece la possibilità di sopravvivere si è alzata nettamente. I medici hanno imparato a conoscere meglio il Covid-19 e il flusso limitato di pazienti consente di concentrare gli sforzi sui pochi casi. Al momento sono due i bergamaschi ricoverati nel reparto di rianimazione degli Spedali civili di Brescia. Sono un uomo e una donna, gravi ma stabili. E due sono anche i ricoveri «semplici», non gravi. Uno al Papa Giovanni XXIII e l’altro in un ospedale dell’Asst Bergamo Est. I morti, infine: sono otto da inizio agosto, tutte persone che si trovavano da tempo in gravi condizioni.

Se la situazione è sotto controllo non è merito del caso. Mascherine e distanziamento, ma soprattutto attenzione e buon senso da parte di tutti, sono decisivi per continuare la lotta al virus. Per evitare la seconda ondata, che in altri Paesi sembra essere già arrivata, è vietato abbassare la guardia.

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