Cronaca / Bergamo Città
Domenica 21 Luglio 2024
Negozi, Bergamo resiste. In provincia si fatica di più
IL BILANCIO. Confcommercio: quadro critico nei primi sei mesi del 2024. Saldo negativo di 36 attività. Solo il capoluogo vede più aperture (+14).
La sintesi dei numeri vede un nuovo calo complessivo, seppur con alcune «isole» che resistono. I primi sei mesi del 2024 consegnano un «quadro critico» per il terziario in provincia di Bergamo: più chiusure (669) che aperture (633) e dunque un saldo negativo di 36 attività, con la sola città a segnare un saldo positivo (+14 imprese). È la fotografia scattata da Confcommercio Bergamo al giro di boa dell’anno, sulla base dei dati camerali aggiornati al 30 giugno. «I primi sei mesi del 2024, i più frizzanti storicamente in termini di creazione di impresa, segnalano un rallentamento delle aperture nel commercio, turismo e servizi. Preoccupano le cessazioni, dopo il triste primato del 2022 e il parziale recupero nel 2023», è il riassunto di Confcommercio. Nel primo semestre 2023 erano nate 863 imprese, quest’anno il 26,7% in meno.
Il saldo negativo
Quindi, i numeri: in tutta la Bergamasca nei primi sei mesi dell’anno sono nate 633 nuove imprese del terziario e ne sono state chiuse 669, appunto con un saldo negativo di 36 attività. Il calo interessa soprattutto gli ambulanti (-32 attività, con 49 chiusure a fronte di 17 aperture), il commercio alimentare (-20 attività, per via delle 53 chiusure contro le 33 aperture) e quello non alimentare (-8 attività, con 243 chiusure e 235 aperture). L’espansione continua per le attività della somministrazione e della ricettività (bar, ristoranti, strutture alberghiere ed extra-alberghiere), che nel primo semestre hanno visto 158 nuove aperture contro 153 chiusure (+5 attività), e per i servizi alle imprese e ausiliari (+19 imprese, con 190 aperture e 171 chiusure). Scavando nelle singole categorie, l’abbigliamento è tra i settori più in sofferenza (57 chiusure contro 26 aperture, -31 attività), mentre crescono ancora il commercio elettronico (85 aperture contro 55 chiusure, +30) e le imprese che commercializzano auto (44 aperture contro 14 chiusure, +30). «La crisi dei consumi sta producendo un conto molto salato», rileva Confcommercio Bergamo, secondo cui «solo un terzo delle chiusure interessa titolari per raggiungimento dei limiti dell’età pensionabile». Se la serranda si abbassa, non è solo per il mancato ricambio generazionale: è soprattutto per le difficoltà a tenere in equilibrio l’attività. Per Giovanni Zambonelli, presidente di Confcommercio Bergamo, «i numeri non fanno che confermare in modo molto crudo difficoltà che si protraggono da tempo, una realtà difficile con cui purtroppo ci dobbiamo confrontare costantemente. I motivi sono svariati e concatenati tra di loro: l’evoluzione delle abitudini di acquisto, la denatalità e il progressivo invecchiamento della popolazione, la scarsa propensione al sacrificio che fare l’imprenditore richiede, i modelli di offerta». I cambiamenti sono profondi: «Gli stessi centri commerciali si stanno ripensando sulla scia dell’esperienza americana, che vede il fenomeno del “demalling”, la chiusura di questo tipo di commercio e la conseguente riqualificazione urbana – spiega Zambonelli –. Fare l’imprenditore non può prescindere da competenze consolidate, mentre, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo assistito a troppa improvvisazione, supportata solo da disponibilità finanziaria, con investimenti poi sperperati per l’insuccesso dell’iniziativa imprenditoriale».
La città in controtendenza
La geografia del terziario indica che solo la città riesce ancora a mantenere una traiettoria di crescita: il capoluogo è l’unica area della Bergamasca con un saldo positivo, +14 attività, frutto delle 119 aperture a fronte delle 105 chiusure. In pareggio la Val Cavallina (52 aperture e altrettante chiusure), calano tutti gli altri territori: seppur a differente velocità, cedono terreno la Val Calepio (-1 attività: 41 aperture, 42 chiusure), la pianura (-4 attività: 137 aperture, 141 chiusure), l’hinterland (-7 attività: 137 aperture, 144 chiusure), l’Isola (-11 attività: 66 aperture, 77 chiusure), la Val Brembana (-10 attività: 27 aperture, 37 chiusure) e la Val Seriana (-17 attività: 54 aperture, 71 chiusure). «Il dato sottolinea l’urgenza e l’improrogabilità di un intervento politico e fiscale perché l’economia delle valli sia supportata da servizi, infrastrutture viarie e una fiscalità dedicata, che permetta alle persone di restare a vivere, fare impresa e preservare il territorio – conclude Zambonelli –. Le valli vanno considerate e trattate in modo completamente diverso e con una particolare attenzione rispetto al resto del territorio. Continueremo a supportare gli associati aiutandoli a comprendere i cambiamenti e ad accrescere e mettere in campo la professionalità. Ma anche a essere collante tra le imprese e la politica e stimolare quest’ultima affinché tante esigenze vengano colte e trasformate in opportunità».
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