Narcotizzato e ucciso, gli arrestati: «Volevamo solo rapinarlo». Restano in cella

L’interrogatorio. I quattro interrogati dal gip in carcere a Bergamo nella mattinata di sabato 12 novembre sulla morte dell’imprenditore Angelo Bonomelli. Il giudice ha convalidato gli arresti e confermato la custodia in cella. Lunedì 14 novembre l’autopsia.

Non volevano uccidere Angelo Bonomelli, ma soltanto narcotizzarlo sciogliendogli di nascosto dei tranquillanti in una bevanda per intontirlo e rubargli l’orologio d’oro. È quanto hanno dichiarato sabato 12 novembre) in carcere a Bergamo al giudice delle indagini preliminari, Maria Beatrice Parati, i quattro arrestati per l’omicidio dell’imprenditore ottantenne, Matteo Gherardi (assistito dall’avvocato Gianluca Quadri), il padre Luigi e Jasmine Gervasoni (avvocato Roberta Zucchinali), Omar Poretti (avvocato Luca Bosisio).

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Al termine dell’interrogatorio - durato qualche ora - gli avvocati dei Gherardi e della fidanzata di Matteo, Jasmine, hanno fatto sapere che i loro assistiti hanno risposto alle domande del gip e che hanno dichiarato che, durante l’incontro al bar di Entratico (e non prima), avrebbero meditato di stordire Bonomelli per farlo dormire e portargli via l’orologio, senza intento di ucciderlo. Il gip si è riservato una decisione, che è arrivata nel pomeriggio: tutti e quattro gli arresti sono stati convalidati, con custodia cautelare in carcere. Gli avvocati dei quattro arrestati avevano chiesto i domiciliari.

Matteo Gherardi, 33 anni, avrebbe già utilizzato la stessa tecnica anche con una zia. Alla donna, una volta persi i sensi, erano spariti oggetti preziosi e denaro. Ma dopo aver ripreso conoscenza non aveva esitato a denunciare il nipote. La vicenda era finita in un fascicolo penale per rapina, simile ad altri episodi trasformatisi in disavventure giudiziarie per il 33enne: una è sfociata in una condanna per rapina, le altre sono ancora in fase di indagine.

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Matteo Gherardi non aveva timore di essere riconosciuto e denunciato. Secondo gli inquirenti agiva di impulso, non preoccupandosi delle conseguenze. Il giovane, a detta dell’avvocato, farebbe uso di farmaci per curare problemi psichiatrici. La sua condizione lo portava ad agire spesso in modo arrabattato. Così come strampalata - ma dalle tragiche conseguenze - sembra la rapina che lunedì a Entratico ha portato alla morte di Angelo Bonomelli, 80 anni, imprenditore di Trescore.

Attirato a un appuntamento nel pomeriggio al bar Sintony di Entratico, intontito con una dose a base di benzodiazepina (sostanza usata come droga dello stupro) sciolta di nascosto nel tè freddo che aveva ordinato, caricato sulla sua auto e abbandonato nella zona industriale del paese dopo essere stato derubato di denaro, cellulare e portafogli, per un bottino totale inferiore ai duemila euro. Solo che stavolta le cose non sono andate bene: l’uomo ha accusato un malore ed è morto. Lo hanno trovato martedì dopo che la sera prima i figli non l’avevano visto rientrare a casa.

Il giorno successivo Matteo Gherardi è finito in manette con l’accusa di omicidio, insieme al padre Luigi, 68 anni, con precedenti di polizia per truffa; la fidanzata Jasmine Gervasoni, 23, precedenti di polizia per truffa e furto; e l’amico Omar Poretti, 26, pregiudicato per tentata rapina, tutti ripresi dalle telecamere del bar mentre parlano con la vittima. Strampalato il piano perché con la loro auto, una Volkwagen Polo, su cui c’erano Luigi Gherardi e Jasmine Gervasoni, seguiva la Fiat Freemont di Bonomelli su cui Matteo Gherardi e Poretti avevano caricato l’imprenditore intontito dalle benzodiazepine. Ai carabinieri del nucleo investigativo di Bergamo, coordinati dal pm Chiara Monzio Compagnoni, è bastato consultare le immagini delle numerose telecamere di sicurezza delle ditte della zona per risalire alla targa e ai quattro che poi finiranno in carcere.

Nel pomeriggio di lunedì 14 novembre l’anatomopatologo dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo Matteo Marchesi eseguirà l’autopsia sul corpo di Angelo Bomomelli. Si tratta di un esame molto importante per l’inchiesta in quanto c’è da stabilire quale sostanza è stata somministrata alla vittima (i primi accertamenti dei carabinieri parlano di una dose a base di benzodiazepina, sostanza usata come droga dello stupro) e in quale dosaggio. L’autopsia stabilirà anche se esiste un nesso di causa-effetto tra somministrazione e decesso.

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