Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 26 Aprile 2021
Muoversi tra regioni, ecco come funziona il nuovo «pass verde»
Sono tre i modi per ottenere la certificazione necessaria a muoversi tra zone rosse o arancioni: la vaccinazione, la guarigione dal Covid o un tampone.
Più che la prova costume, il rischio è quello di doversi misurare con la prova «vaccinale». O meglio: con le sfumature della «certificazione verde» che andrà a condizionare, in parte, anche le prossime vacanze. Tra le novità del decreto «Riaperture» in vigore da oggi, c’è appunto anche un «lasciapassare» legato agli spostamenti per turismo verso territori in zona arancione o rossa (in regioni gialle ci si muove liberamente), ottenibile – in sintesi – principalmente in due modi: o se si è vaccinati, ma entro sei mesi dalla chiusura del ciclo vaccinale (la seconda dose), o dimostrando la negatività con un tampone. Ma a cosa serve, questo pass? Principalmente, per muoversi in entrata o in uscita da una zona arancione o rossa per motivi che non siano di lavoro, necessità o salute; in sostanza, appunto, per turismo. C’è anche un’aggiunta: il decreto dà la possibilità (ancora da normare) di estendere l’«utilità» della certificazione verde anche per l’ingresso a manifestazioni pubbliche quali concerti, spettacoli, eventi sportivi.
Le certificazioni verdi sono rilasciate per attestare una di queste situazioni: l’avvenuta vaccinazione anti-Covid; l’avvenuta guarigione dal virus; l’effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo. Il «pass» vale sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale ed è rilasciato, su richiesta del cittadino, dalla struttura sanitaria che effettua l’inoculazione. Per chi guarisce dall’infezione, invece, il certificato è rilasciato, sempre su richiesta, dalla struttura in cui è avvenuto il ricovero, oppure (senza ricovero) dai medici di medicina generale o dai pediatri; per chi è guarito prima dell’entrata in vigore della «certificazione verde», i sei mesi si calcolano dalla data in cui si è stati dichiarati guariti. Capitolo tamponi: chi non rientra nelle due categorie precedenti può ottenere il «pass» sottoponendosi a un tampone e ha validità di 48 ore dall’esecuzione del test.
Il tema della certificazione verde verrà dettagliato con successivi e ulteriori provvedimenti (si attende, fa capire il testo licenziato dal Consiglio dei ministri, un Dpcm che specifichi meglio alcune questione legate alla validità di analoghi pass emessi da altri Stati), ma già in allegato al decreto «Riaperture» è fornito un fac simile del pass: è la «minuta» che le aziende sanitarie o i medici di base dovrebbero seguire per rilasciare già da ora questo nuovo documento.
Il cortocircuito
Ma c’è anche un possibile cortocircuito, sullo sfondo. Il «lasciapassare» serve per spostarsi verso regioni arancioni o rosse per motivi di turismo, ma in zona rossa si può uscire dalla propria abitazione (ed è immaginabile che una camera d’albergo sia assimilabile all’abitazione) solo per motivi di lavoro, di salute o di necessità, e bar e ristoranti sono chiusi. Chi andrebbe in vacanza per stare chiuso in camera, pur munito di pass? A meno che – ma a oggi non è nero su bianco – il pass possa consentire, oltre agli spostamenti, anche l’accesso ad attività che altrimenti sarebbero chiuse.
Beffa per i primi vaccinati?
Per qualcuno, potenzialmente, la validità della certificazione verde in qualità di vaccinato è già quasi agli sgoccioli. È il caso degli operatori sanitari, le cui immunizzazioni sono partite da gennaio; Pfizer, il farmaco utilizzato per loro, prevede un richiamo dopo 21 giorni, dunque a luglio inoltrato molti camici bianchi rischiano di essere scoperti e di dover ricorrere al tampone per (ri)ottenere la certificazione.
«Il problema, al di là di tutto – riflette Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo –, è che si introduce una norma di questo tipo senza avere un orizzonte legato a un eventuale terzo richiamo, partendo dal presupposto di un limite di sei mesi orientato alla massima sicurezza. Tra l’altro, questa certificazione rischia di portare ulteriore carico amministrativo sui medici: ma ci siamo abituati, purtroppo… E bisognerà anche capire se i sistemi informatici saranno efficienti».
Con una chiosa in punta d’ironia, Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bergamo, inquadra il tema: «Siamo in prima linea da oltre un anno, ora anche per le vaccinazioni: speriamo ci facciano fare le ferie – sorride –. Al di là della battuta, se il pass può fare da stimolo per raggiungere un’ottima adesione alle vaccinazioni, ben venga, mentre non deve essere un “liberi tutti”. Sei mesi per i vaccinati è forse un margine breve». Per Stefano Magnone, segretario dell’Anaao Lombardia, «la copertura vaccinale non è ancora a livelli tali da garantire l’immunità di comunità e stiamo ripartendo con gli ospedali ancora sotto pressione. Gli operatori sanitari conoscono bene quale sia la situazione e quali i rischi delle riaperture, al di là di un pass che attesti la vaccinazione o la negatività»
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