Morì in motoslitta sul Monte Pora: chiesti due anni per l’accompagnatore

LA TRAGEDIA. Nel 2020 un 41enne svizzero finì contro un palo. La difesa: «La vittima agì in autonomia, l’imputato non ha colpe»

Era l’8 febbraio 2020 quando Flamur Krasniqi, consulente svizzero della Volswagen nato nel 1979, morì durante una gita notturna in motoslitta sul Monte Pora. Si trovava lì insieme ai colleghi. Dopo il «giro» pomeridiano di gruppo, aveva voluto replicare l’esperienza con una guida e un collega. Non indossava il casco né la maschera. E, prima dell’ingresso sulla pista, durante il percorso di «avvicinamento», aveva perso il controllo del mezzo finendo contro un palo e perdendo la vita. Questi sono forse gli unici elementi che, nel processo che vede imputato per omicidio colposo il contitolare di una società che si occupa di organizzare escursioni e accompagnatore durante quell’uscita, trovano d’accordo accusa e difesa.

La ricostruzione

Nell’udienza di venerdì 18 ottobre, in sede di richieste, la Procura e l’avvocato difensore Ettore Tacchini hanno dipinto due situazioni opposte, dal livello di luce naturale che caratterizzava quella notte allo stato dei luoghi in cui si è verificato l’incidente. L’accusa, nel chiedere la condanna a due anni di reclusione, ha parlato di comportamento negligente e imprudente e di imperizia dell’imputato come cause del sinistro mortale. Come ricostruito, la vittima chiese di replicare la gita del pomeriggio, «fatta in fila indiana» anche dopo cena. La guida acconsentì e si aggiunse un secondo ospite (che indossava il casco). La Procura ha evidenziato che, a differenza del pomeriggio, non vi fu un briefing prima di partire, né l’imputato fece indossare il casco a Krasniqi. Eppure, nonostante il percorso fosse lo stesso del pomeriggio, quando si replicò era notte, «buio, non c’erano indicazioni e la neve era gelata, quindi le condizioni non erano le stesse».

La gita in notturna

È stato poi evidenziato che l’accompagnatore «parte e distanzia gli altri due», che «non conosceva il posto e la zona», fermandosi all’altezza di una curva a sinistra per segnalarla. L’avvocato Tacchini, amante delle gite in motoslitta, ha in primis rimarcato come le uscite notturne siano le più richieste perché più suggestive. Il difensore, che ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito, in merito ai risultati della consulenza che parlava di «tratto pericoloso», ha affermato: «Il consulente giunge in quei luoghi a distanza di tempo e in una stagione diversa», spiegando che la zona ha solo «una leggerissima pendenza». Ricordando che Krasniqi, che aveva già fatto tali gite, «di pomeriggio fremeva nello stare in coda», e parlando di «comportamento autonomo», in una sera illuminata «dalla luna». Prossima udienza, il 30 ottobre.

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