Medici di famiglia: nel 2024 altri 50 in pensione. E «vocazioni» in calo

I DATI. In tutta la Lombardia sono previste 506 uscite. E all’ultimo test per il corso triennale di formazione hanno partecipato in 344 per 416 posti.

Servirà attendere ancora qualche anno, verosimilmente un paio, prima di scollinare. La «gobba pensionistica» della medicina di base – il picco di uscite per anzianità, cui farà seguito una fase in cui i nuovi ingressi in servizio supereranno gli addii – poteva essere più vicina, quasi già superata, se solo l’ultimo bando per il corso triennale di formazione specifica in medicina generale avesse dato i frutti sperati. Invece all’appuntamento del test d’ingresso di fine novembre si sono presentati solo 344 candidati per 416 posti in tutta la Lombardia, benché gli iscritti inizialmente fossero più di 700, e va considerato che c’è sempre una quota fisiologica di abbandoni tra i corsisti durante i tre anni. È per questo che le proiezioni elaborate in un documento dell’Enpam, la cassa previdenziale dei medici di base, suggeriscono ancora alcuni anni di difficoltà per la Lombardia, e dunque pure per la Bergamasca.

Le uscite

La bussola è appunto nei numeri. Sulla base di queste proiezioni calcolate partendo dall’età anagrafica dei medici, la stima è che nel corso del 2024 in Lombardia si possano contare 506 uscite tra i medici di base, poi 410 nel 2025, 341 nel 2026, infine 306 nel 2027. Una progressione che andrà via via frenandosi (ecco il superamento della gobba), a cui in teoria dovrebbe corrispondere un turnover che alla fine vedrà – finalmente – prevalere i nuovi camici bianchi, le nuove energie per dare linfa a un servizio fondamentale per il sistema sanitario e i cittadini.

La stima in chiave più locale, considerando che gli addetti ai lavori calcolano che Bergamo valga il 10% del totale regionale, indica che in Bergamasca le uscite potrebbero essere una cinquantina nel corso del 2024, una quarantina nel 2025, quindi una trentina all’anno tra 2026 e 2027.

«Il dato poco incoraggiante sulle iscrizioni al nuovo corso triennale è stato preoccupante – rimarca Paola Pedrini, segretaria generale della Fimmg Lombardia, il principale sindacato della medicina generale –. Ancor di più preoccupano le defezioni al test: il dato sulle iscrizioni era stato molto positivo e ci aveva fatto ben sperare, invece evidentemente una parte di quegli iscritti aveva presentato domanda anche per le specializzazioni universitarie, così poi non si sono presentati al test. Il superamento della gobba pensionistica si sta però avvicinando, soprattutto guardando ai dati nazionali».

I meccanismi per la pensione

Un avvicinamento graduale, i cui contorni restano comunque incerti. Perché, come spiega Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, «il meccanismo della pensione è molto complesso». Così, sostanzialmente, anche la programmazione – capire quali territori rischiano di andare scoperti – non è un esercizio semplice. In linea di massima, è a partire dai 62 anni – «Se si ha l’anzianità necessaria, ma ce l’hanno praticamente tutti», specifica Marinoni – che un medico di base può iniziare a vagliare le opzioni per la quiescenza. Fino al raggiungimento dei 68 anni vige però una «penalizzazione» graduale in proporzione a quanto ci si avvicini ai 68 anni: poi dai 68 anni ai 70 anni – l’età limite – la differenza è minima, e proseguire in quei due anni comporta dei vantaggi pensionistici molto modesti. Recentemente, infine, è stata data la possibilità ai medici di famiglia di restare in servizio sino ai 72 anni (lo ha stabilito in primavera un emendamento del Decreto Milleproroghe, valido sino a fine 2026), anche in questo caso con vantaggi previdenziali contenuti: «È una scelta che matura soprattutto chi ha un legame forte con i propri assistiti – ragiona Marinoni –, si trova bene nel proprio lavoro e non vuole lasciarli soli».

Il crollo delle scelte

Numeri e sensazioni alla mano, dunque, «il picco dei pensionamenti rispetto alle nuove entrate non si è ancora raggiunto in Lombardia», sintetizza Marinoni. «Dovrebbe raggiungersi nel giro dei prossimi anni», aggiunge il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, «ma il problema è che permane la crisi di vocazione, evidenziata dall’esito del bando per l’ultimo corso triennale». Alla base di questa crisi di vocazione di lungo periodo permangono quelle motivazioni ormai storiche, anzi croniche: dall’eccesso di burocrazia al sempre più elevato numero di pazienti, dalla «solitudine» che vive il medico di famiglia alla questione economica. Per questo quando si tratta di orientarsi al futuro della professione, i giovani neolaureati puntano a specializzazioni (ospedaliere) che consentano margini di libera professione, dalla Cardiologia alla Dermatologia, anziché tentare il corso che porta a esercitare come medico di base: «Un medico di medicina generale non ha spazi di libera professione – conclude Marinoni –. Una volta i medici di base avevano delle specialità che permettevano di esercitare in privato. Ora i percorsi formativi rendono la medicina generale una disciplina a sé, perché il corso triennale è diverso dalla specializzazione universitaria. Questo, tra l’altro, fa sì che non ci possano più essere i passaggi tra territorio e ospedale, cioè che medici di base che abbandonino la professione per scegliere di andare a lavorare in ospedale».

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