Lotta alla criminalità: confiscati 170 edifici. «Attività illecite in crescita»

I dati La presentazione del dossier dell’associazione Libera. I beni sequestrati sono aumentati del 39 per cento in meno di cinque anni.

Due anni di pandemia spalancano una finestra anche sul lato più oscuro dell’economia e della società. Dal Covid, anche le mafie e la criminalità d’ogni tipo possono trarre un beneficio. Usura ed estorsioni, riciclaggio e «caccia» agli aiuti economici: sono questi i varchi in cui i clan possono infiltrarsi.

L’associazione Libera ha presentato ieri sera i dossier 2020 e 2021 su «mafie, criminalità organizzata ed economica in provincia di Bergamo», un «atlante» che disegna attraverso cifre e fatti quel che accade in terra orobica. Nella pubblicazione – redatta sulla base di una rassegna stampa e dell’analisi di atti giudiziari e relazioni istituzionali – finiscono così 46 episodi per il 2020 (e 11 dichiarazioni istituzionali) e 63 per il 2021 (oltre a 15 dichiarazioni istituzionali), con la cadenza di un evento alla settimana tra blitz, indagini, sequestri di droga, misure di prevenzione patrimoniali.

«Non sono solo episodi di mafia in senso stretto – precisa Francesco Breviario, referente provinciale dell’associazione Libera -, ma sono comprese anche vicende che richiamano quel modus operandi o sono comunque significative per l’impatto sulla nostra realtà».

Sono 112 gli immobili ancora sotto la gestione dell’Agenzia nazionale

La «resilienza» criminale

La presentazione dei dossier si è tenuta ieri sera nella Sala Viterbi della Provincia (che ha patrocinato l’evento), con i saluti istituzionali del presidente Pasquale Gandolfi e il contributo anche di David Gentili, componente del Comitato antimafia del Comune di Milano (e già presidente della Commissione antimafia di Palazzo Marino).

Sul fronte delle mafie, la ’ndrangheta resta l’organizzazione più radicata: gli ultimi due anni hanno consegnato le condanne (in primo grado a Bergamo per il filone «ordinario», già in appello per il filone bresciano in abbreviato) per l’operazione «Papa», che dal 2019 ha fatto luce su un giro di estorsioni e incendi a opera dei clan calabresi; in quelle condanne, ha rilevato Libera, «c’è la certificazione giudiziaria dell’operatività della ’ndrangheta anche nel nostro territorio». Almeno cinque, poi, le inchieste partite da altre procure ma che hanno evidenziato tra il 2020 e il 2021 la presenza di propaggini della ’ndrangheta anche in Bergamasca. «È quello che diciamo da tempo – rimarca Breviario -: la nostra provincia è spesso il terminale di diverse indagini». Più sommersa e dedita all’infiltrazione economica è invece la camorra.

«Il loro vero valore è soprattutto nel riutilizzo con finalità sociali»

L’«Osservatorio» di Libera ha poi messo a sistema i dati che descrivono la «resilienza» dell’economia criminale. Le segnalazioni di operazioni sospette in materia di riciclaggio, per esempio, hanno seguito l’andamento dell’economia legale: una forte flessione nel primo semestre del 2020 (-20% sul 2019), cioè il periodo più segnato dal Covid, prima di una graduale ripartenza che nel 2021 ha portato addirittura a livelli superiori al pre-Covid (+27% sul 2020, +10% sul 2019). Sono state ben 1.952 le segnalazioni antiriciclaggio censite lo scorso anno in Bergamasca dall’«intelligence» della Banca d’Italia, 5 al giorno in media.

Il lockdown della primavera 2020 e la stagione delle «regioni a colori» hanno mutato le filiere della droga. Ma quel business ora è certo ripreso con l’effervescenza criminale di un tempo: nel primo trimestre di quest’anno, secondo il primo report periodico della Direzione centrale per i servizi antidroga del ministero dell’Interno, in Bergamasca sono stati sequestrati 437 chili di droga, superando già i «volumi» dell’intero 2020.

I beni confiscati

Il dossier di Libera, giunto alla settima edizione, consente anche di tratteggiare un confronto col passato. Ed è nella voce dei beni confiscati – gli immobili e le aziende che lo Stato ha strappato a clan, evasori, trafficanti – che si nota un sobbalzo importante. Ad aprile 2022 la Bergamasca risultava punteggiata da 170 beni confiscati (comprese 15 aziende) sparsi tra 45 Comuni, a fine 2017 i beni confiscati erano invece 128: un aumento del 39% in meno di cinque anni, senza contare le decine di immobili attualmente fermi alla fase del sequestro (il primo passo verso la confisca).

Ma l’impegno è orientato soprattutto verso quegli immobili che ancora sono sotto la gestione dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, o perché in attesa di «passaggio» al Comune o perché in attesa di giudizio definitivo (dopo magari una confisca di primo o secondo grado): sono ben 112 tra appartamenti, garage, terreni, magazzini e negozi. Un patrimonio immobiliare da rigenerare: «I beni confiscati sono la rappresentazione fisica della presenza della criminalità – ricorda Breviario -, ma il loro vero valore è soprattutto nel riutilizzo a fini sociali. Occorre costruire una rete tra istituzioni ed enti locali per lavorare su questo tema: a volte gli stessi Comuni sono in difficoltà economica per recuperarli, perché gli immobili sono lasciati a se stessi da anni».

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