L’ossigeno che salvò, Bergamo: «Fu decisivo»

IL RICORDO. Pandemia e ospedale in crisi, Stasi: Siad creò un impianto volante. Le bombole portate a casa dei malati e il «mutuo soccorso» per i negozianti.

Quell’aiuto, nel momento più drammatico che Bergamo possa ricordare, è stato «ossigeno». È stato ossigeno certo in metafora, perché prezioso e vitale, ma lo è stato soprattutto letteralmente, perché è anche di quello di cui Siad si occupa. Nella lunga parabola umana e imprenditoriale di Roberto Sestini e della sua azienda resta inciso anche il grande impegno messo in campo tra marzo e aprile 2020 per garantire gli approvvigionamenti di ossigeno agli ospedali – e al «Papa Giovanni» in particolare – e ai tanti malati costretti a restare a casa, in un gioco di squadra che ha unito l’impresa (Siad è leader mondiale per la produzione di ossigeno medicale), il sistema sanitario, l’Arma dei carabinieri.

Al picco dello sforzo, poco dopo la metà di marzo 2020, al «Papa Giovanni» il consumo di ossigeno medicale arrivò a toccare il volume di 520 metri cubi all’ora, contro una media pre Covid di 140 metri cubi l’ora. Erano i giorni dei reparti pieni, della Terapia intensiva più grande d’Europa, delle centinaia di persone costrette a respirare tramite macchinari.

Serviva trovare una soluzione, e trovarla immediatamente. «La richiesta dell’ossigeno stava crescendo in maniera vertiginosa – ricorda oggi Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni sino al 31 dicembre scorso, oggi in pensione, all’epoca e per tutta la fase pandemica alla guida dell’ospedale –. Avevamo la preoccupazione di riuscire a garantire l’ossigeno per tutti, c’erano dei rischi concreti. In poche ore, grazie all’impegno del nostro Ufficio tecnico, alla volontà dei nostri fornitori e al lavoro degli operai della manutenzione, riuscimmo ad allestire un “impianto volante” con un collegamento lungo un centinaio di metri e un ulteriore serbatoio, in grado di affiancare e potenziare l’impianto esistente. È stato decisivo».

Il ricordo di quei giorni

L’immagine di quell’impianto, dei camion Siad e della nuova cisterna s’inseriscono nell’album di un dramma collettivo, a sostegno dell’ospedale che per primo – in maniera così intensa – ha sfidato il virus in Europa. «Quell’impianto – aggiunge Stasi – è rimasto uno dei simboli di quella fase. È stato un apporto prezioso, un lavoro di squadra di cui si sono visti i risultati. Rimane vivo un sentimento di gratitudine per la velocità della risposta da parte del nostro fornitore e per l’impegno di tutti coloro che hanno reso possibile l’intervento».

L’altra trincea era invisibile e silenziosa, si viveva nel chiuso delle case dove il virus aveva fatto breccia. Servivano bombole per l’ossigeno, ne servivano tante e continuamente, e il territorio bergamasco seppe nuovamente fare squadra. Il comando provinciale dei carabinieri – guidato allora dal colonnello Paolo Storoni – gestì la parte logistica, dal reperimento alla consegna delle bombole, in raccordo con Ats, Federfarma e Protezione civile, mentre Siad si occupò dei rifornimenti d’ossigeno. Per dare la dimensione della sfida, tra fine febbraio e fine aprile 2020 furono circa 4.700 i bergamaschi che beneficiarono di ossigenoterapia domiciliare.

L’impegno di Roberto Sestini proseguì, sotto altre forme, anche per sostenere la ripresa postpandemica. Anche il presidente della Siad fu infatti tra i sostenitori del fondo di «mutuo soccorso», l’iniziativa lanciata dal Comune di Bergamo – e alimentata anche dai contributi di altri partner istituzionali, da imprese e cittadini – ad aprile 2020 a supporto delle piccole attività economiche, specie quelle del commercio, cadute in grave difficoltà a causa dei riflessi della pandemia.

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