Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 11 Marzo 2021
Lopalco: necessario un lockdown
«Serve di almeno due settimane»
L’intervista a Pier Luigi Lopalco: «Scuole volàno di contagio, giusto chiuderle. Ma non ha senso lasciare aperto il resto».
«Quando c’è una circolazione elevata del virus, le scuole devono chiudere. Ma non ha senso chiuderle e lasciare aperto tutto il resto. È necessario un lockdown di almeno due settimane, come a marzo di un anno fa, per frenare la diffusione delle varianti Covid, che colpiscono soprattutto i più giovani». Il professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo, è la mente del Piano pandemico pugliese e, dallo scorso ottobre, assessore alla Salute della Regione Puglia. Sulla scuola è tranchant, è entrato in rotta di collisione più volte anche con l’ex ministra Azzolina perché convinto che nelle scuole il virus trovi terreno fertilissimo. Risponde col consueto aplomb dopo «un’estenuante riunione sull’analisi delle curve della pandemia». Tutte in salita.
Professore lei è stato chiaro: è necessario chiudere tutte le scuole.
«Tutti a casa per la salute di tutti. In Puglia abbiamo cercato di chiudere la scuola per frenare l’avanzata della seconda ondata, ma non ce l’hanno permesso, perché alla fine, tra bisogni educativi speciali, chi chiedeva di portare i figli a scuola perché non poteva tenerli a casa, più tutte le fasi in cui il Tar ha smorzato le nostre ordinanze, alla fine la didattica in presenza c’è stata. Questa situazione ha fatto lievitare i contagi, che con la chiusura completa sarebbero stati frenati: ogni settimana abbiamo avuto centinaia di casi, fra docenti, personale e studenti. Anche con la presenza limitata a scuola abbiamo ogni settimana migliaia di persone in quarantena».
Esistono studi recenti che sconsigliano di tenere aperte le scuole?
«Uno dei più recenti è quello del Centers for disease control and prevention di Atlanta, in Georgia, che documenta nove cluster in sei differenti scuole elementari. Il numero non è importante, quanto la qualità della indagine e la descrizione delle catene di contagio dove i bambini svolgono un ruolo chiave nel trasferire il contagio da scuola a casa (o viceversa) e all’interno della comunità scolastica da o agli insegnanti. Non bastano distanza, barriere di plexiglas e mascherine: nel corso delle attività didattiche in presenza il contagio è inevitabile. Ribadisco che nelle comunità dove l’intensità di circolazione virale è alta, le scuole rappresentano un volàno di contagio. Basta un po’ di buon senso (e un minimo di esperienza epidemiologica) a capirlo».
Perché è così facile il contagio a scuola?
«Perché sono tutti al chiuso per 4 ore. Le mascherine sono relative: vengono utilizzate male, col naso scoperto. I ragazzi si toccano il naso con le mani dopo aver toccato la mascherina contaminata. Solo personale esperto, che esegue perfettamente le misure di prevenzione, potrebbe salvarsi in un contesto simile. Tant’è vero che i focolai ci sono pure negli ospedali. Si sono infettati esperti con mascherine, camici e occhiali: immaginate a scuola. Si infettano medici e infermieri perché basta sbagliare una sola volta, un solo passo. Nelle scuole i ragazzi spesso non rispettano nemmeno le distanze. Quando condividi uno spazio confinato ogni giorno per 4 ore, non è facile seguire alla lettera tutte le misure igieniche, lavarsi le mani ogni volta che si tocca un oggetto oppure il cellulare. Non giriamo intorno ai problemi: è impossibile immaginare, in una situazione in cui il virus avanza, di tenere aperti gli istituti scolastici, che sono polveriere a rischio esplosione».
Lei però contesta anche il sistema delle zone rosse.
«Il principio è sbagliato. Bisognava chiudere prima che esplodesse la terza ondata. Che senso ha creare una zona rossa in un Comune dove il virus circola pesantemente? Ormai il danno è fatto. Le chiusure devono essere sempre preventive. Lo so che dal punto di vista politico sono scelte complicate da spiegare. Ci rimproverano di chiudere la scuola in zona gialla: è difficile far capire il concetto della prevenzione. Un epidemiologo sa quando la curva è partita, sa che quel piccolo incendio potrebbe diventare indomabile».
© RIPRODUZIONE RISERVATA