Long Covid, uno su 5 ha il «fiato corto» e perdita di memoria

Asst Papa Giovanni Di Marco, primario di Pneumologia: «Negli ambulatori facciamo circa 25 visite al mese».

Astenia, stanchezza generalizzata, respiro corto, insonnia, difficoltà di concentrazione, problemi nel riprendere il gusto e nel riconoscere i sapori: sono tanti, e di varia intensità, i disturbi che, anche a molti mesi dal contagio del virus, tante persone continuano ad accusare. È quello che si definisce Long Covid, e a due anni di distanza dall’esplosione della pandemia, anche i contagiati più di recente continuano a lamentare sintomi e difficoltà di recupero della forma psicofisica. All’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dopo la prima ondata, era stato istituito un servizio di «follow up» per i malati che erano stati ricoverati per Covid, in forma più o meno grave, mentre adesso sono attivi ambulatori specifici per chi è stato colpito dal virus nei reparti che si occupano delle patologie più interessate dall’infezione da Sars-Cov2, in primis la Pneumologia e la Neurologia, ma anche Malattie infettive, per esempio.

Tra i sintomi più frequenti c’è l’astenia, ma quasi sempre i polmoni hanno ripreso funzionalità»

Capire la malattia

«Il servizio di follow up attivato all’inizio della pandemia è stato fondamentale per capire cosa comportasse la malattia da Sars-Cov2, all’epoca si sapeva ben poco. Sono stati seguiti oltre 2mila pazienti. E oggi abbiamo attivi specifici ambulatori per chi soffre di disturbi, anche a molti mesi dall’infezione, di diversa tipologia – spiega Fabiano Di Marco, direttore della Pneumologia all’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo – .

I disturbi sono fluttuanti, possono scomparire di colpo e ritornare dopo diverso tempo»

Sono ambulatori non ad accesso diretto, ma dietro prescrizione degli specialisti. Il Long Covid esiste, e può essere una condizione invalidante, ma va rimarcato che non tutti i disturbi di cui soffrono le persone che hanno avuto il Covid sono in realtà attribuibili a strascichi della malattia. C’è ancora molto da studiare, su questo aspetto. Di certo, possiamo rimarcare che se da un lato il Long Covid colpisce più spesso le donne e chi ha avuto forme di malattie gravi, può anche verificarsi che persone che hanno avuto solo sintomi lievi, anche a distanza di mesi, manifestino disturbi di varia natura, che possono essere considerati solo una conseguenza del Covid. E oltretutto i disturbi, questo riguarda quasi tutti i pazienti con Long Covid, sono fluttuanti, possono scomparire all’improvviso e dopo diverso tempo possono ritornare».

«Dottore, non sono più io»

Attualmente, rimarca Fabiano Di Marco, negli ambulatori specialistici per i disturbi da Covid all’ospedale «Papa Giovanni», accede una media di 20-25 persone al mese. «Dall’osservazione clinica dei pazienti, un lavoro che va avanti dall’inizio della pandemia – sottolinea Di Marco – emerge che a distanza di un anno, anche tra i pazienti che non sono stati ricoverati, tra il 30 e il 50% delle persone contagiate dal virus ha ancora disturbi attribuibili al Covid. Tra i sintomi più frequenti c’è l’astenia, che è la sequela più comune di tutte le polmoniti, ma che non trova riscontro però nelle condizioni oggettive dell’organo, che a distanza di un anno mediamente riprende completamente la sua funzione senza particolari danni.

L’astenia riguarda un paziente su 3, uno su 5 ha disturbi respiratori, il cosiddetto “fiato corto”, 1 su 5 sintomi neurologici o psichiatrici, come depressione o ansia. Quello che ci sentiamo dire più spesso, da chi soffre di Long Covid è “Dottore, non sono più io”, in particolare i pazienti lamentano di sentirsi confusi, di avere la nebbia nella testa, una condizione definita appunto “brain fog”. E ancora 1 su 5 presenta la perdita di memoria, 1 su 10 l’insonnia. Tra gli altri disturbi meno comuni la tachicardia e la mialgia».

Danni polmonari, recupero pressoché totale

La buona notizia, emersa dagli studi, evidenzia Di Marco, è che i danni polmonari, quasi sempre, non evolvono in condizioni peggiori, anzi, il recupero è pressoché totale: «Si temeva che invece le cose potessero andare molto diversamente, che i danni polmonari potessero evolvere in fibrosi, ma gli accertamenti diagnostici e le verifiche sulla respirazione ci dicono che dopo un anno dal contagio e dalla malattia la funzionalità dei polmoni è ripristinata. Nonostante questo, c’è chi per esempio ha il “fiato corto” quando sale e scende le scale, o chi non riesce a fare due passi senza stancarsi. In assenza di riscontri diagnostici, è importante rassicurare il paziente dell’effettivo recupero fisico, invitandolo a riprendere la vita di tutti i giorni, senza lasciarsi condizionare dai sintomi. Questo, evidentemente, a fronte di riscontri diagnostici positivi».

«La riabilitazione ha comunque un ruolo importante ma, va rimarcato, riguarda soprattutto persone che sono rimaste a lungo in Terapia intensiva, anche intubate, e che devono riprendere il tono muscolare, recuperare i danni neurologici, attivare una capacitò aerobica compromessa.

«La riabilitazione ha comunque un ruolo importante ma, va rimarcato, riguarda soprattutto persone che sono rimaste a lungo in Terapia intensiva, anche intubate, e che devono riprendere il tono muscolare, recuperare i danni neurologici, attivare una capacitò aerobica compromessa. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, quando si parla di Long Covid siamo davanti a sintomi, anche importanti, che però sul lungo periodo non hanno un riscontro diagnostico: i polmoni sono tornati alla normalità, ma il paziente dice di sentirsi sempre stanco. Ecco che è importante, in questi casi rassicurare i pazienti, invitarli a tornare a una vita normale».

Effetti a lungo termine

Dal punto di vista scientifico e clinico, aggiunge Di Marco, occorre sviluppare la ricerca in questo campo: degli effetti a lungo termine dell’infezione da Sars-Cov2 si sa ancora poco. «I nostri ultimi studi, in via di pubblicazione, ci illustrano che la mortalità a un anno dalla malattia oscilla intorno al 3,7% – spiega Di Marco – E la differenza, tra i casi di persone che muoiono anche un anno dopo dal Covid la fa la fragilità pregressa, in particolare malattie respiratorie già presenti o tumori. Bisogna quindi concentrare l’attenzione sui fragili. Ma va sviluppata anche una definizione chiara di Long Covid, per migliorare la pratica clinica: studi a un anno, con Tac e funzionalità respiratoria, dimostrano che il quadro migliora, e solo 1 paziente su 50 è peggiorato fra i 3 e i 12 mesi dalla malattia».

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