«Logistica, al lavoro anche dieci ore e infortuni cresciuti: +11%»

IL FENOMENO. Salvatore (Fit-Cisl): nel settore gli occupati in crescita nella Bassa. «Ma è fondamentale un tavolo politico: basta iniziative spot, serve far rete». L’approfondimento su L’Eco di Bergamo di domenica 14 luglio.

«Infortuni, appalti al ribasso e contributi non sempre versati puntualmente: sono questi i problemi principali che riscontriamo nel settore della logistica nella Bergamasca. Il caporalato è meno presente, invece, rispetto a settori come l’agricoltura e l’edilizia perché il mondo del lavoro si è in qualche modo auto-regolato nel corso degli anni. Segnalazioni di figure come il caporale che, nella logistica, si occupa di gestire la manodopera guadagnandoci sopra, non ne abbiamo avute». Lo spiega Pasquale Salvatore, segretario generale Fit-Cisl di Bergamo.

La logistica nella Bergamasca occupa soprattutto lavoratori stranieri, che si spostano sulle principali arterie viabilistiche in sella alle loro bici a tutte le ore del giorno e della notte, con tutte le conseguenze che ne possono derivare

Secondo il sindacalista nel settore della logistica, che negli ultimi cinque anni in particolare ha sfornato numerosi ed enormi capannoni soprattutto nella Bassa, lungo le principali arterie viabilistiche – in primis l’autostrada A35 Brebemi che attraversa tutta la Bassa da est a ovest – di problemi legati al mondo del lavoro ce ne sono.

«Per questo – sottolinea – chiediamo da tempo che si faccia rete tra le istituzioni perché è impensabile che certi piccoli Comuni si trovino da soli a parlare con dei giganti. Fare rete, dunque, con la regia della Regione e serve un tavolo politico cui partecipino più soggetti. Oggi non servono situazioni o decisioni “spot”: sono controproducenti. Serve un coordinamento e una stessa linea di condotta su un tema più che mai importante». La logistica nella Bergamasca occupa soprattutto lavoratori stranieri, che si spostano sulle principali arterie viabilistiche in sella alle loro bici – perché non hanno altri mezzi – a tutte le ore del giorno e della notte, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. «In primis, purtroppo, gli infortuni cosiddetti in itinere, ovvero avvenuti durante il tragitto da casa al lavoro e dal lavoro a casa – aggiunge ancora Pasquale Salvatore –: purtroppo mancano strade e collegamenti adeguati nelle zone dove sorgono i principali capannoni della logistica. In generale gli infortuni nei primi 6 mesi di quest’anno sono cresciuti dell’11 per cento rispetto allo scorso anno. È chiaro dunque che si debba in qualche maniera intervenire anche per contrastare questo tipo di fenomeno, molto pericoloso per i lavoratori del settore. Un settore che, negli ultimi anni, ha iniziato a conoscere il sindacato e, per questo, i lavoratori sono più tutelati e respirano aria di diritti, mentre per esempio nell’agricoltura tutto questo è molto più difficile».

«Guadagni solo se lavori»

«Uno dei concetti che deve essere superato nell’ambiente di lavoro gestito dalle cooperative, molte delle quali diventate poi con gli anni delle srl, ovvero società a responsabilità limitata – prosegue il segretario generale della Fit-Cisl di Bergamo –, è questo: se lavori, guadagni, se non lavori, non guadagni e rischi di stare a casa. Questo porta con sé tutta una serie di timori che possono caratterizzare e in qualche modo limitare l’attività lavorativa dell’addetto: il quale si può anche sentire intimorito, per esempio, nel denunciare un infortunio proprio per la paura di poter restare a casa perché infortunato e, di conseguenza, non guadagnare per un certo periodo di tempo. E molti di questi infortuni, che comunque, come detto, sono in aumento rispetto allo scorso anno, avvengono durante il tragitto da e verso l’attività lavorativa. Questo perché sono conseguenze di altre criticità, tra cui il mancato sviluppo infrastrutturale della rete viaria della pianura bergamasca, che non si è adeguato di pari passo alla diffusione dei capannoni della logistica. E poi non ci sono case sufficienti per i lavoratori di questi settori, così come manca un numero adeguato di ospedali. A ciò si aggiunge, in alcuni casi, un appalto poco remunerativo, in cui ci rimettono soprattutto i lavoratori. Che possono essere letteralmente spremuti e impiegati anche dieci ore al giorno: questo per evitare ulteriori e nuove assunzioni e per mantenere così un certo margine di guadagno. Situazioni che noi come sindacato denunciamo puntualmente: oggi, rispetto a cinque anni fa, la situazione è indubbiamente migliorata ma di margine per fare ancora meglio ce n’è parecchio».

«Gli infortuni nei primi 6 mesi di quest’anno sono cresciuti dell’11 per cento rispetto allo scorso anno. È chiaro dunque che si debba in qualche maniera intervenire anche per contrastare questo tipo di fenomeno, molto pericoloso per i lavoratori del settore»

In primis sulla durata dei contratti: «Di solito si arriva a un massimo di due anni – aggiunge ancora Pasquale Salvatore – e poi i lavoratori passano ad altre cooperative o srl, perdendo le prerogative del precedente contratto o scoprendo, in qualche caso, che i contributi non erano stati versati correttamente. Questo comporta una mancanza di punti di riferimento costanti per il lavoratore e per la compilazione della dichiarazione dei redditi. Come Cisl abbiamo messo in atto grandi investimenti nell’ultimo periodo su questo settore, i cui iscritti sono circa 1.300, con una crescita di duecento soltanto nell’ultimo anno».

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