L’incubo dei giovani, tra lavoro precario
e pensione a 70 anni - L’indagine

A cinque anni dalla fine degli studi solo poco più di uno su tre ha un’occupazione stabile. Il 75% favorevole a introdurre un assegno di garanzia

Giovani sospesi tra l’incertezza del presente e del futuro, costretti a fare i conti con le difficoltà a trovare un lavoro e ben pagato ed il timore di andare in pensione a 70 anni o anche più con un assegno basso.

A cinque anni dalla fine degli studi, soltanto poco più di uno su tre (il 37,2%) può contare su un posto stabile. A fotografare le condizioni e le prospettive occupazionali, retributive e contributive degli under-35 è il rapporto realizzato dal Consiglio nazionale dei giovani in collaborazione con Eures. Per molti, di conseguenza, il percorso verso l’autonomia resta un sogno nel cassetto e la scelta di non lasciare la casa dei genitori e costruire un nuovo nucleo familiare è obbligata: è così per oltre la metà (50,3%).

Dall’indagine, condotta tra febbraio e aprile di quest’anno, emerge dunque una situazione di vulnerabilità, in cui «il fenomeno della precarizzazione, destinato ad aumentare alla luce della crisi post pandemica», sottolinea la presidente del Cng, Maria Cristina Pisani, finisce per impattare non solo sull’oggi ma anche sulla loro visione del domani.

Un percorso, quello dei giovani, spesso segnato da discontinuità lavorativa e basse retribuzioni: completati gli studi, nei cinque anni successivi, se soltanto il 37,2% ha un lavoro stabile, il 26% è un precario con contratto a termine ed un quarto degli under-35 (il 23,7%) risulta disoccupato, mentre il restante 13,1% è uno studente-lavoratore. All’interno di tale scenario, un’ampia maggioranza (il 58,9% negli ultimi tre anni) indica di ricevere una retribuzione inferiore a 10 mila euro annui (il 23,9% sotto i 5 mila e il 35% tra 5 e 10 mila). Così, se la maggior parte degli under-35 sta ancora a casa con i propri genitori, neanche quattro su dieci (37,9%) vivono da soli o con il proprio partner.

La mancanza di certezze dal punto di vista occupazionale, secondo l’indagine, condiziona anche le altre scelte familiari: soltanto il 6,5% dei giovani tra i 18 e i 35 anni afferma di avere figli (8,8% tra i lavoratori stabili), mentre un terzo (33%) dichiara di non averne e di non volerne neanche negli anni a venire.

Soltanto un’esigua minoranza, il 12%, possiede una casa di proprietà. Quattro giovani su dieci non fanno neppure richiesta di mutuo perché non hanno le condizioni necessarie per ottenerlo.

Sfiduciati anche nei confronti del futuro e del sistema pensionistico: il 44,4% pensa che andrà in pensione dopo i 70 anni, il 35,4% tra i 65 e 69 anni ed appena il 10,7% prima dei 65 anni. E, ancora, il 73,9% immagina che l’importo dell’assegno che potrà ricevere non consentirà di vivere dignitosamente. E per questo, tra le altre cose, per il 75% si dicono favorevoli all’introduzione di una pensione di garanzia.

Nel nostro Paese, «la discontinuità lavorativa è arrivata a rappresentare una condizione strutturale del mercato del lavoro», sottolinea Pisani. Per questo, «chiediamo nuovi interventi normativi tra cui - prosegue - un tavolo di lavoro con il Governo sulla pensione di garanzia e l’istituzione di un Osservatorio ad hoc che monitori gli impatti degli interventi, centrato su una strategia volta a ridurre la percentuale di Neet, come indicato nell’Agenda 2030».

Un punto su cui insistono anche i sindacati. «Lanciamo un appello alla politica: la questione giovanile va affrontata in maniera strutturale», afferma il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Urgente, inoltre, ripartire con il confronto per la riforma delle pensioni. «Si riapra il prima possibile», per «dare una risposta» anche a loro, insiste la Cgil, con i segretari confederali Roberto Ghiselli e Giuseppe Massafra.

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