Cronaca / Bergamo Città
Domenica 06 Dicembre 2020
L’epidemiologo: «Ora in terapia
intensiva guariscono più pazienti»
L’intervista a Carlo La Vecchia: «Il dato dei decessi non va sottovalutato anche se non regge il confronto con marzo». Il picco entro gennaio.
In Lombardia il picco dei decessi della seconda ondata del Covid si è registrato giovedì 3 dicembre: ben 347 vittime giornaliere. Un’impennata che stride con i numeri in calo costante dei ricoveri nei reparti ordinari e nelle Terapie intensive. E nei reparti critici il dato è sorprendente: sui quasi 5 mila morti di Covid tra ottobre e novembre in Lombardia, soltanto 582 pazienti (circa il 12%) sono deceduti in un reparto di Terapia intensiva, mentre in primavera chi entrava in quei reparti aveva meno probabilità di sopravvivenza (intorno al 50%).
Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica all’Università degli Studi di Milano, prova a dare una spiegazione di ampio respiro: «La curva dei decessi si sta stabilizzando, anche se negli ultimi giorni si è alzata la media delle vittime giornaliere. Siamo passati da una media di 180 vittime della settimana scorsa ai 200 decessi giornalieri di questa settimana. C’è da dire tuttavia che muoiono tanti pazienti anziani in condizioni già molto critiche nei reparti ospedalieri, in media malati gravi, di età avanzata e con un quadro clinico già compromesso per altre patologie, da rendere inefficace lo spostamento in rianimazione. Non si riesce nemmeno a intubarli e muoiono in reparto. È questa la fotografia del momento. Il virus non ha perso carica virale e resta insidioso, nonostante i passi avanti e l’esperienza maturata nei mesi con i protocolli di cura, la diagnosi e le terapie».
Poi aggiunge: «Non bisogna guardare ai dati giornalieri, ma al trend settimanale e il picco dei 347 decessi registrati giovedì si spiega con registrazioni di morti cumulate nei giorni precedenti e comunicate dopo. Il dato dei decessi non va comunque sottovalutato, anche se non regge il confronto con l’ondata di marzo e aprile». L’epidemiologo La Vecchia, che ha monitorato l’evoluzione della pandemia fin dai primi contagi in Cina, torna sul tema delle Terapie intensive e sulla riduzione del tasso di mortalità: «Le Terapie intensive hanno retto in Lombardia, visto che si è arrivati a un massimo di 945 posti letto occupati. Non si è giunti alla saturazione, eppure i morti ci sono stati nonostante i servizi sanitari si siano fatti trovare pronti e abbiano funzionato ovunque. Il messaggio non è rassicurante, se si considera che solo il 10-15% delle vittime per Covid negli ultimi due mesi provengono dalle Terapie intensive. Si sperava che con il distanziamento e l’uso appropriato delle mascherine si riducessero i numeri e la gravità della malattia, con il potenziamento anche dei servizi ospedalieri.
Il messaggio è chiaro: ora siamo più pronti, ma i morti ci sono stati e ce ne saranno ancora. Con una media di 200 decessi al giorno, ce ne saranno altri 10 mila tra dicembre e gennaio, poi caleranno». Sui timori di una terza ondata e le misure per contenerla, La Vecchia è scettico: «Prima di pensare a una terza ondata, dovremo cercare di capire quando finirà la seconda. Non c’è stato in questi mesi un lockdown generalizzato come a marzo e aprile, quindi con queste misure standard di contenimento non sappiamo come evolverà il quadro epidemiologico e se arriveremo ai livelli contenuti dell’estate». La seconda ondata in Bergamasca finora è risultata contenuta: «Tra Bergamo e provincia - sottolinea La Vecchia - si è sviluppato un alto grado di immunità non sufficiente del tutto a evitare la pandemia, ma la situazione è sotto controllo.
I livelli di sieroprevalenza del 42% costituiscono dati alti, quasi da immunità di gregge, con una forte percentuale di persone non suscettibili al virus. Ora si attende l’arrivo del vaccino e nel 2021 si potranno rafforzare le difese con un’adeguata copertura vaccinale. Se ci saranno ondate successive potranno assumere dimensioni diverse, ma è difficile fare ora previsioni. Il cambio di stagione ci ha giocato contro, ma in fin dei conti le famiglie dei coronavirus cambiano poco. All’inizio lottavamo contro una malattia sconosciuta e il sistema ospedaliero a marzo e aprile è stato travolto da un’ondata incontrollata. Il virus resta tuttavia assai insidioso, anche se l’utilizzo dell’eparina e del cortisone ha sortito alla lunga effetti terapeutici favorevoli nel trattamento della malattia».
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